Sono molti i paesi africani che hanno registrato un incremento dello sviluppo umano ed economico, ma per contro si rileva un generale deterioramento dei diritti politici, della sicurezza personale, del funzionamento della legge. È il quadro che emerge dall’Ibrahim Index 2010, lo studio che viene pubblicato periodicamente dalla Mo Ibrahim Foundation, una fondazione indipendente nota fra le altre cose perché assegna ogni anno un premio al miglior leader del continente.
L’Index rappresenta probabilmente la più ampia raccolta, quantitativa e qualitativa, di dati socio economici relativi allo sviluppo dell’Africa.
La classifica finale risulta dalla media di 88 indicatori, divisi in quattro macro aree: sicurezza ed esercizio della legge, partecipazione e diritti umani, sviluppo economico e sviluppo umano. Per quanto riguarda in particolare gli indicatori economici, riguardano fra le altre cose la qualità della pubblica amministrazione, i dati macro, il funzionamento del settore privato, le infrastrutture, lo sviluppo agricolo. Si tratta della macro-area che ha visto il maggior sviluppo, con 41 paesi (su un totale di 53), che hanno segnato progressi, dieci dei quali in misura notevole: Angola, Burundi, Capo Verde, Egitto, Liberia, Malawi, Mauritius, Namibia, Sierra Leone e Swaziland. Un andamento simile si segnala in materia di sviluppo umano, con il numero di paesi che hanno registrato uno sviluppo che sale a 44. I miglioramenti più consistenti si registrano in Angola e Uganda.
Le note dolenti arrivano invece, come detto, sui fronti che potremmo definire più politici. I capitoli relativi a Sicurezza e funzionamento delle leggi (Safety and Rule of Law) vedono 35 paesi segnare un declino, particolarmente significativo nel caso di Eritrea, Guinea, Madagascar, Mauritania e Somalia. In materia di Partecipazione e diritti civili, i due terzi dei paesi africani presentano un peggioramento, con punte in Eritrea, Madagascar e Senegal.
Ma vediamo la classifica generale. I primi tre paesi, quelli cioè che hanno la media migliore fra tutti gli indicatori, sono nell’ordine: Mauritius, SeyChelles e Botswana. La top ten prosegue con Capo Verde, Sudafrica, Namibia, Ghana, Tunisia, Lesotho, Egitto. Il fanalino di coda è invece la Somalia, con indicatori che denunciano una situazione drammatica, con punteggi di gran lunga inferiori anche a quelli degli altri paesi che compaiono in fondo alla classifica, come il Ciad, 52esimo, e la Repubblica Democratica del Congo, 51esima.
Proseguendo dal basso verso l’alto si incontrano lo Zimbabwe, l’Eritrea, il Sudan, la Repubblica Centroafricana, la Guinea Equatoriale, la Guinea e la Costa d’Avorio. A segnare i più marcati miglioramenti negli ultimi cinque anni sono tre paesi che compaiono nella seconda metà della classifica, ovvero la Liberia (36esima), il Togo (39), e l’Angola (43). Il declino più evidente riguarda invece Eritrea (49) e Madagascar (29).
Mo Ibrahim, fondatore e presidente della Fondazione mette in luce il quadro in chiaro scuro che emerge dall’Index 2010: «Mentre molti cittadini africani stanno diventando più ricchi e hanno un maggior accesso alle opportunità economiche rispetto a cinque anni fa, molti di loro sono meno sicuri e meno coinvolti politicamente». In conclusione, «non va trascurato il lato politico del sistema Africa», sulla base della considerazione che «discrepanze fra potere politico e sviluppo economico sono insostenibili nel lungo periodo».