Cosa possono imparare i manager dallo sport?

di Rosanna Marchegiani

20 Ottobre 2010 10:00

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Atleti e manager hanno molto in comune. La competizione è l'elemento principale che li unisce, ma non l'unico

Cosa hanno in comune Andrew Howe e i manager di Microsoft? Più o meno niente, ci verrebbe da dire, o forse che sono tutti personaggi vincenti. E se il paragone lo facessimo tra uno dei tanti atleti che non raggiungono la fama mondiale e uno sconosciuto manager di una piccola o media impresa?

Allora, forse il legame tra i due ci sembrerà ancora più lontano. Ma non è proprio così. Il primo parallelismo è forse il più evidente: c’è competizione in campo sportivo e c’è competizione sul mercato e, in entrambi i casi non è facile emergere.

Ma se guardiamo bene, ci sono altre cose in comune. Per fare un campione ci vogliono tre ingredienti: preparazione fisica, tecnica, preparazione mentale. È evidente che per un atleta la preparazione fisica è fondamentale per poter ottenere qualsiasi risultato in gara. Allenare il corpo, passare ore e ore in palestra a ripetere esercizi a migliorare la propria forma fisica, la velocità, la potenza muscolare, sono tutto.

Ma per ottenere risultati, non è sufficiente allenarsi: occorre un metodo. È necessario avere una mission (vincere le selezioni regionali, il campionato o le olimpiadi). È necessario capire se tutto ciò è una speranza o un obiettivo. Quindi bisogna fissare degli obiettivi a breve, medio e lungo termine da raggiungere e sulla base di questi stabilire il lavoro da fare, tenuto conto della capacità di adattamento dell’organismo. Occorre pianificare le attività, fissare una strategia in modo da migliorare le proprie prestazioni.

Vista così anche il manager deve avere un suo metodo: fissare gli obiettivi, definire il programma da seguire per poterli raggiungere, tenendo conto delle risorse a propria disposizione. 

Ma diventare un campione non è solamente un percorso fisico, ma anche un fatto di tecnica: una veronica nel tennis, una rovesciata nel calcio, una virata per il nuotatore, un uppercut nella boxe, devono far parte delle conoscenze dell’atleta.

È inimmaginabile pensare ad un manager che non abbia abilità tecniche e che non cerchi costantemente di migliorarle e perfezionarle. Non meno importante, per un atleta, è la preparazione mentale. Un atleta può essere fisicamente al massimo, ma non riuscire a vincere la paura, può non sapere gestire lo stress, trovarsi bloccato, con la testa altrove. Per questo allo sportivo serve affiancare all’allenamento fisico anche quello mentale che lo faccia maturare, che gli faccia conoscere e gestire le proprie reazioni quando è sotto pressione e la tensione sale.

Anche in azienda, al manager viene chiesto di raggiungere dei risultati, si creano delle aspettative, ed è lui il primo responsabile se gli obiettivi non vengono raggiunti. Quando le cose non vanno al meglio la tensione psicologica sale e bisogna imparare a controllarla.

E poi… nel mondo dello sport come in quello delle aziende, vale la regola che «intelligenza non è non commettere errori, ma scoprire subito il modo di trarne profitto» (Berthold Brecht).