La cultura della riunione

di Rosanna Marchegiani

11 Novembre 2010 11:00

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Perché una assemblea non si tramuti in un'inutile perdita di tempo è necessario che tra i partecipanti sia diffusa una adeguata cultura della riunione

Credo sia capitato a tutti di partecipare a qualche riunione al termine della quale ci si è chiesti: «Ma a che cosa è servito?» e di rimanere con la convinzione, quando va bene, che essa sia stata una inutile perdita di tempo, mentre nei casi peggiori arrivare a pensare che i meeting non servano assolutamente a risolvere i problemi.

Ciò è quanto accade, di norma, quando in azienda non c’è una precisa cultura della riunione. Uno dei rischi che spesso si corre è quello che i partecipanti pensino che la riunione sia del leader che l’ha indetta: che lui la deve organizzare, deve condurla e se ne deve assumere ogni responsabilità.

Un incontro di lavoro, per essere proficuo deve essere organizzato in maniera accurata ed efficace: ma questo non basta. È anche necessario che ognuno dei partecipanti pensi che sta prendendo parte alla “sua riunione” nella quale è chiamato ad assumere un ruolo attivo e propositivo e nella quale non deve limitarsi a criticare senza poi proporre nulla.

La diffusione di una cultura della riunione presuppone che i partecipanti arrivino preparati sugli argomenti all’ordine del giorno per poter fare proposte concrete, osservazioni, critiche costruttive e non fine a se stesse, e che essi non assumano un atteggiamento prevenuto di fronte ad opinioni diverse dalle proprie.

L’obiettivo della riunione non deve essere quello di far prevalere la propria idea e di difenderla fino allo stremo, ma di trovare la soluzione presumibilmente migliore al problema prospettato, considerando le diverse ipotesi possibili.

Ci sono poi alcune regole che potremmo definire di buona condotta, che è bene che i partecipanti seguano, come spegnere il telefonino, non chiacchierare col vicino perdendosi in discorsi che nulla hanno a che fare con gli argomenti da trattare, evitare di fare commenti personali.

Tuttavia la cultura della riunione, il più delle volte, non è insita nel gruppo, ma va creata: ed è questo un compito che deve assumersi chi è chiamato ad organizzare e gestire la riunione.

A lui spetta l’incarico di diffondere, tra i partecipanti, l’idea che essi stanno intervenendo alla propria riunione, sia prima che durante e dopo la stessa, in modo che ognuno si senta protagonista. Inoltre, dovrà far capire che l’efficacia dell’incontro dipende dal loro comportamento, dalla capacità di assumersi responsabilità e di partecipare con un ruolo attivo e non di semplici spettatori.

Ad esempio, nel caso di riunioni svolte con una certa periodicità, può essere utile far sì che, a turno, i vari partecipanti si occupino della organizzazione di alcuni aspetti e/o della conduzione del meeting.

Inoltre, è sempre opportuno distribuire, al termine della riunione, un verbale con l’indicazione delle decisioni prese e delle azioni che, di conseguenza, devono essere intraprese, affidandone la realizzazione ai diversi partecipanti.