Il nodo valutario, gli squilibri globali, le riforme finanziarie. Sono i temi centrali del vertice di Seul che riunisce i grandi della terra domani e venerdì. Una riunione che si preannuncia difficile, con una bozza finale, riferisce il portavoce del comitato di presidenza Kim Yoon-Kyung, in cui «tutto è lasciato fra parentesi». Un accordo ancora non esiste, anzi «ogni paese è rimasto sulla sua posizione originale».
Il presidente americano Barack Obama è arrivato oggi nella capitale coreana, così come altri leader, mentre ci sono capi di stato, come il presidente del consiglio italiano Silvio Berlusconi, attesi per domani. Obama si è fatto precedere da una lettera, in cui sollecita un’intesa. «Nessun paese può raggiungere da solo il nostro comune obiettivo di una forte, equilibrata e sostenibile ripresa», scrive il presidente americano, il quale insiste sul fatto che l’andamento dell’economia americana è fondamentale per la ripresa globale: «una forte ripresa che crea lavoro, reddito e spesa è il principale contributo che gli Stati Uniti possono dare alla ripresa globale», spiega, per aggiungere che «la forza del dollaro poggia in ultima analisi sulla fondamentale forza dell’economia Usa».
La questione delle valute, come detto, è cruciale, e vede ancora distanti le posizioni di diversi paesi, a partire da Usa e Cina, accusata quest’ultima di tenere lo yuan debole a proprio esclusivo vantaggio. C’è un passaggio in cui Obama fa un esplicito riferimento a Pechino: «così come gli Stati Uniti devono operare cambiamenti, lo stesso devono fare quelle economie che hanno puntato sull’esportazione per controbilanciare la debolezza della domanda interna».
Anche il primo ministro britannico David Cameron invita la Cina a collaborare «per riequilibrare l’economia mondiale e adottare in modo progressivo delle misure volte a internazionalizzare la sua valuta», cosa che garantirebbe la stabilità di cui c’è bisogno «per una crescita forte e duratura» e favorirebbe anche «l’idea, all’interno della comuinità internazionale, che la Cina come potenza economica sia una forza positiva».
Il Cancelliere tedesco Angela Merkel, invece, se la prende con le politiche monetarie della Federal Reserve americana, e in particolare con la recente manovra da 600 miliardi di dollari: «nessuno può aver interesse a creare nuove bolle», ha ammonito, per poi spiegare che in generale il vertice di Seul deve servire a lasciarsi alle spalle la logica della exit strategy e porsi invece il problema di come tornare a «politiche economiche che rispecchiano una situazione normale».
Anche il premier italiano Silvio Berlusconi ha inviato una missiva al G20, nella quale insiste sull’importanza di due temi: la speculazione finanziaria e la manipolazione dei mercati, in particolare quelli delle materie prime. «Gli effetti devastanti della crisi economica e finanziaria ci hanno già portato a definire riforme di notevole importanza a livello internazionale», ma la missione «non è compiuta». Berlusconi esprime preoccupazione per le «fluttuazioni nel prezzo delle materie prime, con un rinnovato e preoccupante impatto sui paesi più poveri» e per «i prezzi del petrolio» e ritiene che il vertice di Seul sia «il momento giusto per prendere le necessarie decisioni». Secondo il premier bisognere anche considerare ulteriori misure «come la limitazione delle vendite a breve termine allo scoperto e l’imposizione di margini di garanzia elevati sui derivati».