Cartello “entrata libera” sulla Rete

di Andrea Boscaro

10 Dicembre 2010 09:00

logo PMI+ logo PMI+
L'e-commerce abbassa la soglia di accesso alla consultazione dei nostri prodotti, rendendo in tal modo più libera la fruizione del nostro catalogo

Fin da bambino sono sempre stato colpito dall’insegna “Entrata Libera” che campeggia all’ingresso di negozi di abbigliamento, generi alimentari, libri e – categoria a quel tempo certamente più interessante – giocattoli. Mi sembrava un segnale rassicurante che mi consentiva di entrare a curiosare senza necessariamente venire sollecitato da titolari e commessi ad acquistare qualcosa. Non ho mai letto giornali o libri “a scrocco”, ma almeno non mi sentivo colpevole di sfogliare qualche rivista in più o gironzolare fra gli scaffali in attesa di qualche attività pre-adolescenziale più divertente dello shopping. Ca va sans dire che, dopo tutto quel curiosare, raccoglievo qualche spunto e  poi compravo. Esattamente nel negozio che mi aveva accolto in modo così ospitale.

Crescendo poi mi sono sempre chiesto che vantaggio avessero coloro che al contrario non esponevano un cartello simile e più in generale perché nel nostro Paese si fosse diffuso il bisogno di esporre il cartello “Entrata Libera”: peraltro ricordo che nelle mie permanenze all’estero “Free Entrance” era un’insegna perlopiù dedicata a musei e pinacoteche. Non certo ad esercizi commerciali.

Portare persone nel nostro negozio significa far superare loro il “timore reverenziale” di interagire con commessi solerti e premurosi che spesso le tiene al di là della nostra porta ed è oggetto del marketing odierno a tal punto che l’incentivazione sul punto vendita richiede tecniche e strategie raffinate e coinvolgenti. Certo, nessuno nuove avere solo curiosi, ma abbondano le modalità con cui convertire anche il passante meno interessato in un cliente – anche non in quel preciso momento – attraverso logiche che vanno dalla promozione alla disposizione di prodotti e scaffali all’interno del nostro negozio.

Ciò che mi piace qui rilevare è che forse l’e-commerce, soprattutto l’e-commerce di abbigliamento, sta crescendo proprio perché abbassa nel consumatore quella soglia di accesso che è data dalla tensione di non poter liberamente curiosare tra i prodotti e di dover relazionarsi con commessi non sempre in grado di seguirlo con attenzione o poco delicati nel prendersi cura delle sue specificità. Prestiamo infatti sempre attenzione a come i nostri clienti percepiscono il rapporto con il nostro personale ed anche su questo stanno esplodendo gli strumenti che la Rete mette a disposizione per commentare un punto vendita e lasciare informazioni che saranno utili non solo per altri visitatori, ma anche per gli store manager. Già diffusi nel turismo e nei locali pubblici, queste applicazioni esploderanno man mano che prenderanno piede le dinamiche della geo-targetizzazione.

Chiudo con la citazione di un’intervista rilasciata da Jean-Christophe Bedos, Amministratore Delegato di Boucheron, una delle storiche gioiellerie parigine, illuminante per il nostro tema di oggi. «Dieci anni fa, alcune imprese temevano la scomparsa dei marchi con l’emergere dell’ideologia “no logo”. In realtà è accaduto il contrario, perchè Internet ha amplificato il potenziale impatto dei brand sui consumatori, in particolare grazie all’e-commerce. Ai brand del lusso, il Web ha a questo proposito offerto la possibilità di far scoprire il proprio universo non più solo a una cerchia ristretta di clienti fedeli, ma a tutti gli utenti Internet. Ed è esattamente questo che facciamo con il nostro negozio online» […].

«Noi abbiamo effettivamente potuto constatare che vi sono accessi e vendite da parte di consumatori che non sarebbero necessariamente stati clienti dei nostri punti vendita. In parallelo, i clienti abituati ad andare nelle nostre gioiellerie hanno allo stesso modo cominciato ad usare il sito sul quale trovano informazioni e servizi. In realtà lo avevamo previsto: Boucheron.com è un canale distributivo e una forma di promozione sul punto vendita. Non vi è alcuna concorrenza» […]. «Si tratta di un servizio al cliente per il fatto che è aperto dopo la chiusura delle nostre gioiellerie, ma anche perchè permette di far superare ad alcune persone il timore reverenziale di varcare la porta dei nostri negozi».