Le carte in regole le ha tutte: è miliardario, anzi è fra gli uomini più ricchi d’America e del mondo, ha una fortuna stimata in 6,9 miliardi di dollari. E ha deciso di entrare a far parte del Giving Pledge, l’iniziativa filantropica lanciata l’estate scorsa da Bill Gates e Warren Buffett che vogliono convincere i colleghi super-ricchi a donare almeno il 50% della propria fortuna a iniziative benefiche.
«Le persone aspettano la fine della propria carriera per restituire. Ma perché attendere visto che c’è così tanto da fare?», si è chiesto il 26enne fondatore di Facebook, continuando: «con una nuova generazione che ha prosperato grazie al successo delle sue aziende, c’è una grande opportunità per molti di noi di ripagare più rapidamente la società e vedere l’impatto dei nostri sforzi filantropici».
Insieme a lui, sono entrati a far parte del club dei filantropi altri 17 miliardari americani, che si aggiungono ai 40 che avevano aderito all’iniziativa fin dall’inizio e portano così a 57 il numero totale. Fra questi nuovi ingressi, un altro esponente della nuova generazione dei paperoni, Dustin Moskovitz, co-fondatore di Facebook, che rispetto al compagno d’avventura è meno ricco ma in compenso detiene il primato di più giovane miliardario del mondo (in realtà, i due hanno la stessa età, sono nati nello stesso anno, l’84, e nello stesso mese, maggio, ma Moskovitz festeggia il compleanno una settimana dopo).
Fra gli altri nuovi entrati,il finanziere Carl Icahn, il fondatore di Aol Steve Case (insieme alla signora Jean), il Ceo di Morningstar Joe Mansueto, e un altro grande protagonista della finanza, quel Michael Milken che viene considerato l’inventore dei junk bond, personaggio simbolo dell’avidità di Wall Street degli ’80, che ha anche scontato una condanna a tre anni per insider trading, e che ormai da tempo si è dato alla filantropia.
Molto soddisfatto dei 17 nuovi ingressi Warren Buffett, che sottolinea: «in pochi mesi abbiamo fatto grandi progressi», e si augura nuovi passi avanti. Il guru di Omaha e il fondatore di Microsoft hanno lanciato il Giving Plegde nel giugno di quest’anno. L’iniziativa non chiede direttamente denaro, nè prevede che i miliardari effettuino una donazione specifica.
Si tratta di un impegno, un accordo fra gentiluomini per dirla con gli anglosassoni, che gli iscritti prendono a donare almeno la metà del proprio patrimonio alla o alle iniziative benefiche che preferiscono. Buffett ha fatto di meglio, devolvendo il 99%, ma lui è fra i più ricchi anche rispetto al ristrettissimo club dei paperoni.
I 57 ricconi che fanno parte del progetto sono tutti americani, ma Bill e Gates nei mesi scorsi hanno organizzato incontri anche con i colleghi di altre parti del mondo, in settembre hanno organizzato una cena con i paperoni cinesi a Pechino, in marzo pianificano di andare in India. Ma al momento non hanno incassato adesioni in Asia, nè in Europa.
Comunque anche negli Usa hanno ancora molto da fare, visto che secondo Forbes i miliardari a stelle e strisce sono circa 400. Fra l’altro, la crisi li ha resi meno generosi. Secondo il Giving report del Center of Philantrophy dell’Indiana University, nel 2009 hanno donato in totale 227 miliardi, lo 0,4% in meno dell’anno precedente.