Prima del disastro della marea nera, sei mesi fa nel Golfo del Messico, Bp Petroleum aveva già avuto un incidente su una piattaforma, in Azerbaijan, nel settembre 2008. Ma in quel caso, riuscì ad arginare i danni e soprattutto a portare in salvo le 212 persone che lavoravano nella struttura per l’estrazione di gas.
Si tratta di una nuova rivelazione contenuta nei cablogrammi di Wikileaks. Intanto, l’Alta Corte di Londra ha stabilito oggi la liberazione di Julian Assange, concedendogli la libertà di cauzione e respingendo quindi il ricorso della procura svedese, che lo accusa di stupro e che si era opposta alla sentenza dei giudici di primo grado britannici che avevano già disposto la scarcerazione del fondatore di Wikileaks dietro pagamento di 200mila sterline, 235mila euro. Ma dagli Usa potrebbe arrivare una nuova accusa, questa volta legata al cablegate, per cospirazione.
Vediamo innanzitutto il contenuto dei nuovi cablogrammi. Si parla di un incidente avvenuto su una piattaforma di gas in Azerbajian, fra il 17 e il 19 settembre del 2008, di cui non si era saputo nulla. British Petroleum riusci’ ad avacuare senza incidenti tutti i 212 addetti all’impianto, e tenne la notizia riservata.
Il cablogramma, che risale al 26 settembre del 2008, quindi a poche settimane dopo l’incidente, riferisce che Bp ha cercato di stabilire le cause del problema, facendo diverse ipotesi (c’è poi un dispaccio del 2009 in cui invece si riferisce di un’ipotesi più precisa, relativa a un difetto nel rivestimento di cemento di uno dei pozzi), e parla anche del disappunto di alcune compagnie partners di Bp per l’atteggiamento mantenuto dalla società, che sarebbe stata eccessivamente parca di informazioni sull’incidente.
Proprio in queste ore, fra l’altro, negli Usa l’amministrazione Obama ha ufficialmente avviato la battaglia legale contro il colosso petrolifero per la marea nera, il più grave disastro ambientale della storia americana, accusando Bp e altre quattro compagnie di aver violato le leggi ambientali e chiedendo un risarcimento danni “illimitato”, dunque più ingente rispetto ai 75 milioni di dollari stabilti come tetto dall’Oil Pollution Act.
Ma tornando a Wikileaks, mentre giorno dopo giorno continuano ad uscire nuovi dispacci diplomatici, nell’ambito del cosiddetto “cablegate”, oggi le novità riguardano il fondatore, Julian Assange. Dallo scorso 7 dicembre si trova nel carcere di Wandsworth. È stato arrestato per un mandato internazionale su richiesta della giustizia svedese, con un’accusa di stupro.
In base alla sentenza di oggi, potrà uscire dietro il pagamento di una cauzione di 200mila sterline, che secondo il suo legale sarebbero già state raccolte. A quel punto avrà obbligo di firma e sarà sempre localizzabile attraverso un braccialetto elettronico. Le autorità svedesi hanno chiesto l’estradizone, ma nel frattempo Assange rischia di essere alla prese con un’altra tegola giudiziaria, questa volta legata alle attività di Wikileaks e in particolare al cablegate. Le autorità americane, secondo quanto riferisce il New York Times, stanno raccogliendo prove per incriminarlo per “cospirazione”. Secondo questa ipotesi di accusa, Assange avrebbe aiutato il militare Bradley Manning a sottrarre i cablogrammi, e non si sarebbe limitato a riceverli e a pubblicarli.