Libia, è guerra civile. Sos petrolio e gas

di Barbara Weisz

22 Febbraio 2011 13:40

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A Tripoli raid aerei sulla folla, centinaia di vittime. Le ricadute economiche: petrolio bloccato, forniture di gas verso lo stop, mercati in ribasso.

È un’escalation continua. Le notizie che arrivano dalla Libia descrivono una situazione da vera e propria guerra civile. Questa mattina nuovi raid aerei su Tripoli, il numero dei morti sale vertiginosamente, ed è nell’ordine di molte centinaia di vittime. Le notizie sulla rivolta e sulla situazione nel paese nordafricano sono seguite con estrema attenzione dalle autorità dell’intero pianeta: oggi pomeriggio (inizio alle 15 ora italiana) riunione d’emergenza del Consiglio di sicurezza dell’Onu, mentre sempre nel pomeriggio è previsto un vertice della Lega Araba.

Le ricadute economiche sono di proporzioni notevolissime: le ultime notizie parlano di un blocco delle forniture di petrolio dalla Libia e di enormi problemi sul fronte dell’approvvigionamento di gas (dalla Libia arriva l’11% delle forniture italiane). Le autorita, italiane ed europee, sottolineano di essere attive nel continuo monitoraggio, spiegano che la Penisola è in grado di far fronte all’emergenza, ma non sottovalutano la situazione.

Le forniture di gas «non sono interrotte – spiega il sottosegretario allo Sviluppo Stefano Saglia – ma la situazione è molto complicata di fronte a un guerra civile di proporzione imprevedibile». «L’Italia è pronta ad utilizzare le sue riserve per far fronte alla situazione: in caso di eventuali interruzioni ci sono stoccaggi inutilizzati per finalità commerciali che sono quelli ordinari e di sicurezza», ha sottolineato Saglia. Il quotidiano specializzato Staffetta Quotidiana riferisce che i flussi sul gasdotto Greenstrean sono in reallentamento da ieri sera, e la situazione “è in peggioramento”.

L’attenzione del governo italiano “resta alta” su tutti i fronti legati alla crisi libicia, e per questa sera il premier ha convocato un vertice dei ministri interessati all’emergenza.

Nel frattempo, continua a volare il prezzo del petrolio (la Libia è il terzo produttore africano, ed è un membro dell’Opec). Prosegue l’impennata del Brent a Londra, che oggi intorno alle 12 era a 107,18 dollari al barile, il crude oil a New York nel pre market è balzato del 9% a 97,64 dollari. Secondo gli analisti il mercato reagisce soprattutto ai timori di contagio. «La Libia da sola non produce tanto greggio da far temere per l’offerta anche in caso di totale collasso» spiega Carsten Fritsch, analista di Commerzbank: la produzione di Tripoli è intorno a 1,6 milioni di barili «e l’Opec ha una capacità inutilizzata fino a sei milioni di barili. Si tratta dunque del timore di contagio a paesi come Algeria, Kuwait o Emirati Arabi». Il ministro del petrolio degli Emirati Arabi Uniti ben Zaën al-Hameli ha dichiarato che l’Opec «è pronto, se necessario, a intervenire» per contrastare i rialzi.

Le tensioni si fanno sentire sui mercati azionari. Dopo i crolli di ieri, anche oggi gli indici delle principali borse europee si muovono in ribasso. Particolarmente penalizzati i titoli delle compagnie aeree (Air France, British e Iberia, Lufthansa), che soffrono in modo evidente il caro carburanti. Ieri pesanti ribassi in Piazza Affari, che oggi non sta funzionando a causa di problemi tecnici (che riguardano l’infrastruttura tecnologica, e nulla hanno a che fare con la crisi libica). A Milano sono fermi tutti i mercati dall’inizio della seduta, nella più lunga interruzione mai avvenuta da sei anni e mezzo.

Tornando alla crisi libica, si registrano reazioni anche sui mercati secondari, con l’allargamento dello spread sui titoli governativi di Italia e Spagna. Stamattina il differenziale di rendimento fra Btp e Bund tedeschi decennali si è portato a 169 punti base (otto in più sulla chiusra di ieri), mentre quello Spagna-Germania ha aperto a 213 punti base (dai 205 del riferimento di ieri). In generale, le tensioni nordafricane e mediorientali favoriscono il riposizionamento verso asset più sicuri, come i governativi tedeschi.