Un giovane top manager di 34 anni, con un cultura internazionale, erede di una grande famiglia industriale, che ha iniziato la sua carriera a 20 anni quando, ancora studente in ingegneria, ha lavorato in fabbrica, in incognito, a Birmingham. John Elkann viene descritto così dal Financial Times, che al presidente della Fiat dedica una lunga intervista-ritratto. Un pezzo in cui emerge la personalità di un italiano nato a New York, che parla quattro lingue, e che il quotidiano britannico definisce una “figura di crescente importanza nel business globale”.
Il destino «gli è piombato addosso quando aveva 28 anni, con la scomparsa del nonno», Gianni Agnelli, che lo aveva nominato suo erede e poi del prozio, Umberto. Una sfida che John Elkann ha dimostrato di essere in grado di raccogliere secondo il Ft che nel titolo lo definisce «l’erede inatteso che ha messo in salvo i gioielli di famiglia».
Partendo proprio dall’esperienza a Birmingham, in una fabbrica per l’assemblaggio di fari: «è stata la prima volta che ho visto un vero ambiente di lavoro e la lezione è stata che devi sempre dimostrare il valore di quello che fai».
Nato a New York il primo aprile del 1976, figlio di Margherita Agnelli e di Alain Elkann, ha studiato in Gran Bretagna, in Brasile e in Francia, prima di laurearsi in Ingegneria al Politecnico di Torino. Un percorso che lo ha portato a confrontarsi «con ambienti in cui era necessario sapersi adattare». È entrato nel cda Fiat a 22 anni, nel 1998, per diventare poi vicepresidente nel 2004. Nel 2028 è presidente di Ifil, nel 2010 ha sostituito Luca Cordero di Montezemolo alla presidenza di Fiat e quest’anno ha preso le redini di Exor.
Diplomatico e poco disponibile a parlare del paragone con il nonno e in generale del ruolo della sua famiglia, «si anima quando parla di politica globale, media, imprenditoria, mercati emergenti in Asia e Sud America, argomenti che evidentemente gli piacciono molto», scrive il quotidiano finanziario.
Al Ft rilascia dichiarazioni importanti. Come quella sulla Exor, la holding che ha il 30% di Fiat, potrebbe diluire la sua quota nell’ambito di una strategia per far crescere l’azienda “in un business più grande”, spiega. Si tratta, con ogni probabilità, di un riferimento al progetto annunciato il mese scorso dall’ad Sergio Marchionne di una fusione fra il Lingotto e Chrysler, il colosso di Detroit in cui Torino è entrata nel 2009 con il 20%. Ma «andare all’estero non significa che quello che c’è in Italia si riduce», sottolinea, e qui il riferimento è all’ipotesi di un trasferimento della “testa” dell’azienda negli Usa: “«la Fiat è un grande esempio di come una società italiana possa crescere all’estero e accettare la sfida dei mercati mondiali». Un progetto che Exor ha intenzione di supportare. E ancora: «l’orgoglio per le proprie radici non dovrebbe essere un freno per la crescita».
Elkann ha anche dichiarato che Exor considerebbe la vendita di Alpitour se si presentasse un buona situazione. Non mancano parole di elogio nei confronti del Ceo, Sergio Marchionne: «Non avremmo potuto avere un partner migliore», spiega, per continuare: «abbiamo fatto molto negli ultimi dieci anni. Un chiaro allineamento dei nostri obiettivi, sostegno reciproco e rispetto per i rispettivi ruoli: è questa l’essenza di una buona relazione. E possiede un enorme talento».