8 marzo, il difficile lavoro delle donne

di Barbara Weisz

8 Marzo 2011 14:00

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Occupazione femminile penalizzata in Italia e non solo. La crisi ha aumentato la precarietà. Lavoro femminile, intesa fra ministero e parti sociali.

L’Italia ha uno dei tassi di occupazione femminile più bassi d’Europa. Il numero delle donne con un lavoro scende vertiginosamente in presenza di figli. Viceversa, il tasso di occupazione maschile sale proporzionalmente al numero dei figli, in tutta Europa. Questa è la fotografia scattata da Eurostat, e come se tutto questo non bastasse c’è un altro report, pubblicato in occasione dell’8 marzo, dall’Ituc (International Trade Union Confederation), che rileva come l’impatto della crisi economica sia stato particolarmente pesante per le esponenti del gentil sesso, soprattutto perchè ha comportato a livello mondiale un boom di occupazioni precarie che riguarda in particolare le donne.

Partiamo dall’Europa e dai dati Eurostat: il tasso di occupazione in Italia fra le donne senza figli è del 63,9% (dati più bassi solo a Malta, in Macedonia e in Turchia). La media europea è del 75,8%. Fra le donne con un figlio l’occupazione scende al 59% in Italia e al 71,3% in Europa. Se ad avere un figlio è invece un uomo, il dato italiano (88%) è migliore della media europea, all’87,4%.

E la forbice fra uomini e donne si allarga con l’aumentare della prole. L’occupazione fra le donne con due figli in Italia è al 54,1% e in Europa al 71,3%, con tre o più figli scende al 41,3% nella Penisola e al 54,7% nell’intero Vecchio Continente. Per gli esponenti del sesso forte, invece, il trend è esattamente opposto: con due figli l’occupazione sale al 91,1% in Italia e al 90,6% in Europa, con tre o più figli scende anche per gli uomini, restando comunque all’87,7% in Italia e all’85,4% in Europa.

E veniamo al report dell’Ituc, intitolato “Living with economic insecurity: women in precarious work“. La crisi ha lasciato senza lavoro, fra il 2007 e il 2010, 27,6 milioni di persone nel mondo portando il numero totale dei disoccupati a 205 milioni. In termini percentuali, il tasso di disocuppazione è aumentato dal 5,6% del 2007 al 6,2% nel 2010.

La situazione ha penalizzato in particolare le donne: il tasso di disoccupazione femminile dal 2007 al 2009 è salito dal 6 al 7%, mentre quello maschile dal 5,5 al 6,3%. Da sottolineare che però il trend, analizzando i soli paesi industrializzati, è inverso: la disoccupazione maschile è quasi raddoppiata, dal 5,5 al 9,3%, mentre quella femminile è cresciuta meno, dal 6% all’8,2%.

Ma resta il fatto che in questi paesi l’occupazione femminile è nettamente al di sotto di quella maschile, il 53,1% contro il 68,4%. Il dato comunque più rilevante riguarda i lavori precari: il “vulnerable employment” ha riguardato 1,53 miliardi di persone nel mondo nel 2009 (il 50,1%), e questo numero è aumentato di 100 milioni di unità fra il 2007 e il 2009. Cifre impressionanti, che colpiscono in particolare le donne: nel mondo circa la metà delle lavoratrici è precaria. Anche in questo caso, il gender gap è meno evidente nei paesi sviluppati mentre il divario più alto si registra in Africa e in Medio Oriente.

Tornando all’Italia, la necessità di arrivare a regole che facilitino il lavoro femminile è stata al centro dell’intesa firmata ieri dal ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, e dalle parti sociali. Telelavoro in alternativa ai congedi facoltativi, la possibilità del congedo parentale part time, allungandone così la durata da 6 a 12 mesi, orari flessibili nei primi tre anni di vita del bambino, impegno ad assegnare alla donna che rientra dalla maternità mansioni equivalenti a quelle precedenti, ricorso alle banche-ore, creazione di asili nido aziendali: sono alcune delle misure allo studio, sulle quali le parti si sono date 90 giorni per trovare un’intesa che le traduca in norme da applicare nella contrattazione, in particolare quella di secondo livello.

Un incontro che non a caso si è svolto alla vigilia dell’8 marzo, giorno che vede come sempre un concetrarsi di iniziative a favore delle donne in tutta Italia. Fra le altre, si può segnalare un progetto presentato oggi che vede l’impegno delle università milanesi al gran completo: tutti gli atenei pubblici insieme a Bocconi, Cattolica e Iulm hanno dato via al primo centro interuniversitario per la ricerca in “Culture di genere”. Si tratta di un laboratorio a disposizione di studiosi e cittadini, per raccogliere e analizzare i mutamenti in corso nella società del terzo millennio “con particolare riferimento agli stereotipi e ai pregiudizi, in questa fase storica particolarmente penalizzanti per le donne”.

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Rapporto Ituc