Dal 2001 al 2013 l’Italia ha perso 120.000 imprese del settore manifatturiero con 1 milione e 160mila addetti in meno. Un crollo spaventoso, pari a un calo del 25,5%, fotografato dal rapporto “Scenari industriali”, curato dal Centro Studi di Confindustria.
Nel giro di sei anni (2007-2013) l’Italia è scivolata all’ottavo posto nella graduatoria internazionale dei maggiori paesi produttori. Un buon piazzamento se si considera che siamo 23esimi per stazza demografica, ma segna un forte allarme: “la produzione è scesa del 5% medio annuo, una contrazione che non ha riscontro negli altri più grandi paesi manifatturieri”.
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L’erosione della base produttiva ha proporzioni bibliche ed è stata accelerata dalla crisi colpendo tanto il Nord quanto il Sud.
I settori in crisi. L’industria di computer e macchine per ufficio e quella dei tabacchi è stata praticamente azzerata mentre il comparto dell’elettronica e della produzione di automobili registra un dimezzamento. Tessile, pelletteria e legno (eccetto i mobili) subiscono perdite vicine al 50%.
Il declino della manifattura in Italia era in atto già prima del 2007 ma:
“le politiche ultra-restrittive sui conti pubblici e il prosciugamento del credito bancario hanno provocato inutili gravi danni al tessuto industriale”.