Le macchine che puliscono le strade delle città raccolgono ghiaietta, sassolini, frammenti di materiali vari, schegge. Ebbene c’è un’azienda, Stone Italiana, che ha avuto l’idea di riutilizzare questi materiali di scarto e di trasformarli… In un ricercato pavimento. Si chiama Dna Urbano, e può essere ultizzato come prestigiosa soluzione d’arredo oppure per una pavimentazione esterna, ad esempio un’area pedonale. Si tratta di un esempio di quelle cultura del rifiuto e del riciclo che non è più solo un hobby di pochi irriducibili ambientalisti, ma un vero e proprio settore di business, a cui sono stati dedicati diversi spazi in questa settimana di Salone del Mobile a Milano.
Stone Italiana è un’azienda nata a Verona nel ’79, e che in trent’anni di storia si è imposta all’attenzione internazionale proprio per il modo di pensare e di usare la materia. È la prima azienda del mondo ad aver investito sulla plasmabilità del quarzo, e le lastre di Dna urbano sfruttano questa ricerca, amalgamando la polvere di quarzo con i materiali raccolti dalla pulizia delle strade. L’azienda si è aggiudicata progetti come la metropolitana di Dubai e quella di Napoli, la Nuvola Fuksas a Roma, il padiglione dell’Expo Shanghai 2010, e fra le altre cose realizza dal 2006 i pavimenti “nero Armani” degli store dello stilista in tutto il mondo.
Collabora con designer e architetti di fama internazionale, come Arturo Montanelli, partner del progetto Dna urbano. «I rifiuti – spiega Silvia Dalla Valle, responsabile del settore ricerca di Stone Italiana – hanno sette vite come i gatti. Oggi li raccogli, domani li ritrovi nel materiale d’arredo, nella piastrella di un pavimento o nel rivestimento delle aree pedonali. Dalla pulizia delle strade, che per anni ha portato in discarica cumuli di ghiaino inutilizzato, oggi rinasce quindi una “seconda” materia che fa bene all’ambiente e che consente un notevole risparmio economico».
Ad esempio, secondo uno studio dell’Istituto per la ricerca sull’ambiente (green management), se si utilizzasse Dna urbano per paviementare gli oltre 20mila metri quadrati delle aree pedonali d’Italia, si risparmierebbero oltre 82 milioni di euro di costi di discarica. La miscela per le pavimentazioni esterne ha naturalmente caratteristiche diverse rispetto a quella da interni: quest’ultima è repellente, quindi facile da pulire, mentre quella per uso outdoor è drenante, per evitare ad esempio la formazione di pozze d’acqua quando piove.
Quello del recupero dei materiali di scarto, è un filone che l’azienda persegue da tempo: le lastre Greenbell sono composte da inserti vetrosi provenienti dalla raccolta differenziata, quelle Glass da scarti di bottglie in colore verde. E poi ancora sono stati prodotti materiali che derivano dai trucioli di ottone, dalla madreperla dei bottoni, dagli scarti dell’industria microelettronica, dai televisori rottamati. Oggi «la vera sfida è quella del lusso essenziale – spiega l’ad Roberto Dalla Valle -, dove la creatività è l’elemento base per creare pezzi unici, a volte estremi, fondendo ricerca dei materiali, eco compatibilità e altissima qualità».
Un altro esempio del connubio fra rifiuto e creatività è rappresentato dal “Museo del riciclo“, il portale del consorzio Ecolight (sistema collettivo per la gestone dei Raee, i rifiuti elettronici). Presenta circa 200 opere, relizzate da una trentina di artisti partendo da vecchi elettrodomestici, parti meccaniche di utensili non più funzionanti, scarti di vario genere. Quadri, installazioni, oggetti d’arredo, ma anche strumenti musicali e accessori: “ogni artista ha saputo dare vita a un oggetto unico nel suo genere” sottolinea Walter Camarda, presidente di Ecolight, che aggiunge: «il denominatore comune è però stata l’attenzione per l’ambiente e per il riutilizzo dei rifiuti». L’opera scelta per celebrare il primo anno è “NeoNtrice” di Camillo Fiore, una lampada costruita con vecchi neon e schede elettroniche di vecchi elettrodomestici.
Un’altra iniziativa del Fuori Salone milanese, quella promossa dall‘Amsa (l’azienda per la raccolta dei rifiuti): “Da morto a orto”, anche qui una mostra che presenta rivisitazioni artistiche di vecchi oggetti, in collaborazione con l’azienda Fratelli Ingegnoli, la Banco Building Onlus e con i designer Peter Bottazzi e Denise Bonapace.