A mezzogiorno di oggi, ora di Washington, sul sito degli Archivi Nazionali americani saranno disponibili, integralmente e per la prima volta, i documenti passati alla storia come Pentagon Papers. Sono passati esattamente 40 anni da quando, il 13 giugno del 1971, il New York Times iniziò la pubblicazione dei segretissimi reports ufficiali del dipartimento della Difesa Usa sulla guerra del Vietnam che contribuirono sensibilmente a cambiare il sentiment dell’opinione pubblica statunitense e mondiale sul conflitto nel sud est asiatico.
Fu uno dei primissimi leaks della storia, come si chiamano oggi le fuighe di notizie, sicuramente il più famoso. La pubblicazione dei documenti proseguì per settimane, al New York Times si aggiunse il Washington Post, e a nulla valsero i tentativi dell’allora presidente Rchard Nixon di fermare la pubblicazione.
La vicenda è nota. Fu un ex analista del dipartimento della Difesa, Daniel Ellsberg, insieme al ricercatore Anthony Russo, a fotografare il rapporto e a consegnarlo al giornalista del Times, Neil Sheehan. Ellsberg faceva parte della suadra che aveva partecipato alla stesura di qeul rapporto, commissionato dal segretario della Difesa Robert McNamara nel 1967, che faceva luce sulle relazioni fra Usa e Vietnam dal 1945 al 1967. E dimostrava come ben quattro amministrazioni, da Truman a Johnson, avessero mentito all’opinione pubblica americana, ad esempio sull’estensione del conflitto in Laos e Cambogia.
Ellsberg agì, come lui stesso ha raccontato, colto da una crisi di coscienza, mosso dal desiderio di far conoscere quella che lui riteneva una “condotta incostituzionale di una serie di presidenti, la violazione del loro giuramento e la violazione del giuramento di tutti i loro subordinati”, e, non ultimo, da quello di far finire un conflitto che riteneva igniusto.
La pubblicazione dei Pentagon Papers ebbe effettivamente una notevolissima influenza sull’opinione pubblica, e non a caso l’amministrazione tentò di bloccarla con un’ingiunzione, in nome della violazione della segreto di stato, ma il New York Times fece appello alla Corte Suprema, in nome del primo emendamento, e vinse.
Oggi, per la prima volta, i documenti vengono pubblicati integralmente. Ci sono parti che, malgrado le fughe di notizie, non sono mai state rese note. Ellsberg, ad esempio, non fotocopiò le notizie sui negoziati di pace in corso con il Vietnam del Nord temendo che questo potesse provocare una reazione dell’amministrazione Nixon, bloccando le trattative.
A pubblicarli, oltre agli archivi nazionali, anche le biblioteche presidenziali Kennedy, Johnson e Nixon. Ci sarebbero circa 2384 pagine, il 34% del totale, che non sono mai state lette, e che potranno essere a questo punto paragonate, ad esempio, con la Senator Gravel edition dei Pentagon Papers, che fino ad oggi è stata considerata il punto di riferimento principale.
I Pentagon Papers sono stati fra i riferimento più citati nei mesi scorsi in occasione di un’altra fuga di notizie internazionale, la pubblicazione da parte di Wikileaks delle relazioni degli uffici delle ambasciate al ministero degli Esteri americano.
Può essere interessante citare altri casi celebri di “conflitto” fra segreto di stato e diritto di cronaca, ad esempio nella stessa storia americana. Come riferisce il New York Times, c’è un precedente che risale addirittura al 1777, qualche mese dopo la dichiarazione di indipendenza. Una decina di ufficiali e marinai della Warren, nave americana ancorata nel porto di Providence, si incontrarono in segreto e decisero di denunciare la condotta di un comdandante della marina, Esek Hopkins, uomo potentissimo anche di famiglia. Il quale, secondo i suoia ccusatori, era colpevole di aver trattato i prigioneri in modo disumano. In seguito alla denuncia, il Congresso, il 26 marzo del 1777, sospese Hopkins.