Apple e il brevetto touchscreen

di Barbara Weisz

Pubblicato 24 Giugno 2011
Aggiornato 24 Febbraio 2018 09:56

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Cupertino ottiene l'ok negli Usa su un brevetto del 2007 che riguarda le tecnologie multitouch usate da molti produttori di devices mobili.

Un nuovo brevetto Apple fa tremare il mercato mobile. In realtà è ancora presto per prevedere quali saranno i reali effetti di quello che, senz’altro, è un nuovo punto messo a segno dall’azienda di Steve Jobs. Un brevetto, appunto, che assicurerebbe a Cupertino la proprietà esclusiva di una gamma di tecnologie touch screen talmente ampia da rappresentare un pericolo per tutti i competitors che utilizzano interfaccia multitouch per gli smartphone e i devices mobili.

Il brevetto è il numero 7.966.578, ed è intitolato “portable multifunction device, method, and graphical user interface for translating displayed content”, ovvero “dispositivo portatile multifunzione, metodo e interfaccia grafica per trasformare il contenuto visualizzato”. Era stato depositato nel 2007 presso l’Uspto (United States Patent and Trademark Office), che mercoledì scorso ha dato la sua approvazione, ovvero il diritto esclusivo sulla proprietà delle tecnologie in questione.

Il problema, spiegano gli esperti, è che il brevetto è molto generico e rischia di comprendere funzioni touchscreen che ormai sono utilizzate da molte aziende. Spiega l’esperto Florian Muller: “questo brevetto copre una sorta di funzionalità senza la quale sarà difficile costruire uno smartphone competitivo”. E magari anche un tablet o un altro dispositivo mobile.

Al momento il pericolo è più che altro teorico. Bisognerà vedere se e come Apple deciderà eventualmente di utilizzare la proprietà del brevetto in cause concrete contro i concorrenti. Quando i brevetti sono eccessivamente generici, i legali hanno notevoli spazi in cui muoversi per combattere le loro battaglie. Certo, è probabile che l’Uspto abbia consegnato una nuova patata bollente che finirà sui tavoli di qualche giudice americano.

Le battaglie legali su temi legati alla proprietà intellettuale nel mondo hi-tech sono all’ordine del giorno. Fra gli ultimi casi, Apple-Amazon sul nome dell’AppStore (qui Cupertino rischia di perdere), piuttosto che Oracle-Google sul codice di Android (al momento sembra che Mountain View riesca a spuntarla), o ancora Apple contro Samsung, che farebbe dispositivi troppo simili all’iPhone. Ci sono anche esempi di contenziosi che riguardano nello specifico la questione delle tecnologie touchscreen, ad esempio Apple-Motorola nel 2010.

Del resto, l’innovazione è strettamente legata al core -business delle aziende hi-tech, soprattutto a realtà come quella dell’azienda di Jobs, “l’uomo che ha inventato il futuro” come recita il titolo del recente libro di Jay Elliot (ex vicepresidente della compagnia).

Ma da sempre il settore tecnologico punta su ricerca, invenzioni, brevetti. Il colosso Ibm, che proprio in questo mese di giugno ha compiuto 100 anni, ha totalizzato nel suo secolo di storia più di 76mila brevetti. Nel 2010 è stata per il 18esimo anno consecutivo l’azienda che ne ha depositato di più negli Usa. Dove è anche la quinta società per capitalizzazione.

È decisamente l’unica centenaria dell’informatica, e se a cavallo del 2000 ha lasciato parecchio spazio a quella che è diventata la concorrente numero uno, Microsoft, sul fronte del software, nell’era di internet si sta prendendo le sue rinvincite. L’ultima si chiama “Watson”, il supercomputer con il nome del fondatore e che ha battuto i concorrenti, umani, del quiz televisivo Jeopardy.