Il momento della verità sarà probabilmente rappresentato dagli stress test sulle banche europee, i cui risultati sono attesi per metà luglio. Nel frattempo, il settore continua a vivere una buona dose di turbolenze in tutta Europa, per non parlare dell’Italia. Oggi ci si è messo pure il Financial Times, che nella sua rubrica più prestigiosa, la Lex Column, definisce “insicuro” lo stato del settore bancario, il quale rappresenterebbe il “rischio maggiore” sulla stabilità finanziaria del paese.
Questo, dopo che la settimana scorsa l’agenza Moody’s ha messo sotto osservazione il rating sul debito a lungo termine e sui depositi di 16 banche italiane e di due istituzioni finanziarie statali (Cdp, Cassa deposititi e prestiti, e Ismea, istituto di servizi per il Mercato agricolo alimentare). Pochi giorni prima, il 17 giugno, la stessa agenzia aveva anche messo sotto osservazione per un possibile downgrade il rating sul debito italiano (un giudizio analogo era arrivato precedentemente anche da S&P).
Un quadro poco rassicurante, insomma, che non ha mancato di avere i suoi effetti in borsa. Venerdì i titoli delle banche hanno regitrato pesanti ribassi. E anche quella di oggi non è una giornata positiva sul mercato, con i finanziari che rappresentano la piu pesante zavorra per un listino che comunque oscilla intorno alla parità. L’andamento di mercato è determinato da una molteplicità di elementi: i rischi legati alle finanze greche, una giornata ad altissima tensione sul fronte nazionale, con il governo impegnato nella definizione di una manovra difficile e con le voci, smentite, di possibili dimissioni del ministro dell’Economia, Giulio Tremonti. Ci sono poi alcune situazione singole (il Monte dei Paschi è sotto aumento di capitale). E certamente non contribuiscono a rilassare il mercato i recenti giudizi delle agenzie di rating.
Secondo il Financial Times, il problema delle banche italiane è una “percepita mancanza di capitale” in un panorama caratterizzato da molti istituti di medie dimensioni. Lo stesso quotidiano ammette che i due maggiori istituti del paese, Intesa e Unicredit, sono “relativamente ben capitalizzati”. Ma altre banche “potrebbero fare fatica”. Il Ft cita il caso di Ubi, che ha finanziato solo per il 92% il suo aumento di capitale, e della Popolare di Milano, che ha aperto un contenzioso con Bankitalia sulla governance (fra l’altro, ieri si è dimesso un consigliere, Franco De Benedetti, in disaccordo con il no dell’assemblea all’aumento delle deleghe da 3 a 5) e che in vista ha un aumento di capitale da 1,2 mld (in settembre).
A parte questi casi, il Ft sottolinea anche un altro elemento: il grosso del debito pubblico italiano è nelle mani delle banche italiane. Questo, per ammissione dello stesso quotidiano, è in realtà un fattore di sicurezza. Ma resta un eccessiva frammentazione del mercato, con troppi istituti di medie dimensioni che potrebbero far fatica a reggere nel lungo periodo. E a complicare ulteriormente le cose, c’è un quadro di bassa crescita che è uno dei principali problemi dell’economia italiana.
Detto questo, dai risultati dei stress test non si attendono sorprese negative per l’Italia. Almeno, questo è quello che hanno ribadito, anche negli ultimi giorni, diversi banchieri, e anche i vertici dell’Abi (secondo il presidente Mussari, le banche italiane non hanno nulla da temere). Certo, l’appuntamento del 13 luglio, la data degli stress test, è molto atteso in tutta Europa, anche perche’ Italia a parte secondo le ultime voci si attendono fino a 15 bocciature.