La situazione è senza precedenti. Gli Stati Uniti, ovvero la prima potenza economica mondiale, sono a un passo da un possibile default. Se il Congresso non approva una legge che alzi il tetto del debito, il 2 agosto il paese si troverà tecnicamente in stato di default. E’ quasi inutile cercare di immaginare che cosa un evento del genere potrebbe significare per la finanza e l’economia mondiale. E se da una parte sembra più che probabile che nell’arco di pochi giorni si troverà una soluzione, che significa un accordo fra Repubblicani e Democratici sul tipo di manovra da mettere in pratica, resta il fatto che da qualche giorno ci sono le borse, a partire da Wall Street, con il fiato sospeso a seguire il dibattito politico americano.
Ieri sera le due parti hanno giocato carte notevoli, con due discorsi in diretta televisiva, uno dopo l’altro, del presidente Barack Obama e del presidente della Camera, il repubblicano John Boehner. Obama ha esplicitamente puntato il dito contro i repubblicani, responsabili di uno «stallo percioloso», che «potrebbe provocare il primo default degli Stati Uniti di sempre». Trattasi, ha insistito il presidente, di un risultato da evitare assolutamente, perchè sarebbe «sconsiderato e irresponsabile». Il rischio è «una profonda crisi economica causata interamente da Washington». Obama ha invitato gli americani a mandare un messaggio di insoddisfazione al proprio deputato.
Il presidente ha giocato in attacco, citando le politiche passate degli uomini simbolo repubblicani, a partire da Ronald Reagan, che «ha alzato il tetto del debito diciotto volte», mentre George W. Bush lo ha fatto sette volte.
Quindi, è entrato nel merito della trattativa. Solo una settimana fa le due parti stavano discutendo di quello che Obama aveva definito un “approccio bilanciato”, ovvero di una legge che puntasse su un mix di tagli alle spese e aumenti delle tasse. Ora, «l’unica ragione per cui questo approccio bilanciato non è sulla strada giusta per diventare legge è perchè un significativo numero di repubblicani al Congresso stanno insistendo su un approccio che include solo tagli alle spese. Un approccio che non chiede affatto agli americani più abbienti o alle corporazioni maggiori di contribuire».
Immediata la risposta di Boehner: «la triste verità è che il presidente voleva un assegno in bianco sei mesi fa, e ne vuole uno in bianco anche oggi. Semplicemente, questo non succederà». Il presidente della Camera ha sollecitato il presidente a firmare il piano repubblicano: se lo farà, ha spiegato, «l’atmosfera di crisi che ha creato semplicemente sparirà. Il tetto del debito sarà alzato».
Il debito in questione è di 14.300 miliardi di dollari. La proposta repubblicana prevede di alzare il tetto in due fasi, una immediata da 900 miliardi (parallelamente a tagli per 1200 miliardi) e una seconda tranche da 1500 subordinata a un accordo su altri tagli (che secondo i repubblicani dovrebbero essere da 2mila miliardi) da prendere all’interno di una “supercomissione” bipartisan. La Casa Bianca invece vuole subito un aumento del tetto del debito di 2400 miliardi, che consentirebbe di arrivare alla fine del mandato, e al momento si trova d’accordo con la manovra proposta dal capo dei senatori, Harry Reid, che prevede tagli alla spesa per 2700 miliardi in un sol colpo, senza toccare le tasse ma senza nemmeno intaccare pensioni e sanità.
Questi al momento i termini di una trattativa che dovrà necessariamente concludersi nei prossimi giorni. Nel frattempo, anche oggi borse negative. Wall Street ha aperto intorno alla parità per poi proseguire in rosso, e perdono terreno anche i mercati europei, pur con flessioni che a metà pomeriggio erano ampiamente contenute entro l’1%.