La crisi internazionale in atto, di cui non si vede ancora la fine, ha avuto origine negli Stati Uniti e nel corso del tempo è stata qualificata in vario modo. Per coglierne il significato e darne un’immagine il più possibile aderente alla realtà sono stati utilizzati diversi termini finché nel lessico corrente non è emersa la locuzione angosciante di “Grande Recessione“.
Possiamo oggi finalmente dire di aver voltato pagina ed essere entrati in una nuova fase? Se lo chiede James Sunshine in un articolo pubblicato di recente sul noto sito Huffington Post.
Il giornalista ha cercato di ricostruire una piccola ma istruttiva storia della terminologia adottata in riferimento all’evolversi della situazione di crisi proponendo una galleria di personaggi famosi che si sono industriati, chi riuscendo chi fallendo nel tentativo, a trovare le migliori parole capaci di sintetizzare le principali caratteristiche del momento.
Si comincia con George W. Bush il quale nel lontano 2008 alle prime avvisaglie di crisi fece cenno ad un “rallentamento economico” del sistema produttivo statunitense arrivato al collasso dopo solo cinque mesi.
Sempre nello stesso anno Ron Paul, membro del Congresso eletto nelle fila del partito repubblicano, si servì dell’espressione “Seconda Grande Depressione” mentre Brad DeLong, professore di economia all’Università di California, Berkeley, nel 2011 ha impiegato il termine “Piccola Depressione“. Di depressione ma “minore” ha parlato nel 2011 anche Paul Krugman, premio Nobel dell’economia e columnist del New York Times.
Più smaccatamente politiche le formule verbali cui hanno fatto ricorso Joe Biden, vicepresidente democratico degli Stati Uniti, e Rush Limbaugh, opinionista di stampo conservatore, i quali rispettivamente hanno fatto uso di frasi speculari, “recessione di Bush” e “recessione di Obama“, volendo attribuire le colpe della crisi alle azioni intraprese dai differenti e rivali Presidenti della Repubblica Usa.
“Doppio tonfo” o “ricaduta della crisi”: sono queste invece le voci del vocabolario di Robert Reich, ex Segretario del Lavoro di Bill Clinton, comparse sulle pagine del Financial Times.
Dulcis in fundo, l’immancabile citazione ripresa dell’autorevole rivista The Economist che in tutto questo periodo ha continuato a battere sul tasto della “recessione globale“. Il che, sostiene Sunshine, ha fondamento, considerando che lo sviluppo della crisi, salvo Cina e India, non ha risparmiato nessuna delle più importanti aree economiche mondiali.