Prima è toccato al Paese, ora alle banche: S&P ha infatti tagliato il rating a sette istituti di credito italiani e ne ha messi sotto osservazione 15 per una possibile revisione a ribasso. Si tratta di una decisione strettamente legata a quella dei giorni scorsi con cui l’agenzia di rating aveva declassato il debito italiano, di fatto un allineamento dei giudizi relativi alle banche rispetto al nuovo rischio paese.
E il presidente dell’Abi, Giuseppe Mussari, da una parte sottolinea come i rating delle banche colpite dal downgrade fosse abbastanza alto, per cui «la riduzione non determina gravi conseguenze», dall’altra insiste sulla necessità di dare una risposta di sistema: l’Italia deve dare un chiaro segnale ai mercati di «aver capito qual è la gravità della contingenza e che siamo in grado di affrontarla».
Fra le banche su cui si è abbattuta la scure di Standard and Poor’s ci sono i maggiori istituti del paese. A Intesa SanPaolo e Mediobanca è stat tagliato il rating, mentre per Unicredit il giudizio è stato confermato ma l’outlook è diventato negativo.
Nel dettaglio, il giudizio su IntesaSanPaolo è passato a A/A-1 dal precedente A+/A-1, con outlook negativo (quindi banca sotto osservazione per un possibile nuovo taglio). Ribasso del rating anche per Mediobanca, che passa ad A da A+, anche qui con otulook negativo. Gli altri istituti a cui è stato tagliato il giudizio sono: Findomestic, Banca Imi, Biis, Cr Bologna e Bnl, e tutte restano anche sotto osservazione.
Il rating di Unicredit invece è stato confermato al livello A, ma anche Piazza Cordusio è in outlook negativo. Il ribasso delle prospettive riguarda anche le controllate UniCredit Bank AG, UniCredit Bank Austria AG e UniCredit Leasing SpA. Le altre banche messe sotto osservazione sono Fideuram, Agos Ducato, Credito Sportivo, Cariparma.
Queste dunque le decisioni dell’agenzia, motivato in estrema sintesa dal fatto che essendo gli istiuti fortemente concentrati sul mercato nazionale, il relativo giudizio non può essere superiore al rating sovrano.
Sintetizza Mussari: «Consideriamo che sono sette banche che comunque avevano un rating abbastanza alto per cui la riduzione non determina gravi conseguenze. Per tutte le altre è l’outlook che da neutrale o positivo passa a neutrale o negativo”. Comunque, aggiunge il numero uno dell’Abi, Mussari fa riferimento alle dichiarazioni del commissario europeo alla Concorrenza, Joaquin Almunia, che definito gli istituti italiani “solidi” e “una fortuna per il paese”». Dunque, il problema non riguarda la solidità delle banche che è assicurata, ma l’Italia, che deve dare segnali chiari al mercato.
«Bisogna velocizzare tutto quello che riguarda le infrastrutture, perchè sono investimenti che portano crescita. Non possiamo più tentennare su liberalizzazioni e privatizzazioni: dobbiamo ragionare in maniera dinamica sul patrimonio dello stato. Patrimonio che deve diventare più fruttuoso e più utile alla riduzione dello stock del debito. Infine, bisogna velocizzare la giustizia, rendere più flessibile il mercato del lavoro, tornare a ragionare sul sistema pensionistico».
Il problema della bassa crescita è stato sottolineato ieri anche dal presidente di IntesaSanPaolo, Corrado Passera, e in questi giorni è stato richiamato un pò da tutte le parti. Se ne sta occupando un tavolo, fra Governo, Confindustria e Abi. E si attendono le misure del governo, che nel frattempo ha abbassato le stime per il prossimo triennio: 0,7% quest’anno (la stima precedente era dell’1,1%), 0,6% nel 2012 (da 1,3%) e 1,2% (da 1,5%) nel 2013.
L’allarme crescita non riguarda solo l’Italia, ieri sera la Fed, ovvero la Banca Centrale americana, ha sottolineato i rischi per l’economia a stelle e strisce. E fra le preoccupazioni della Fed e i tagli di S&P, i mercati sono spinti al ribasso: la mattinata ha visto in rosso tutti i listini europei.