Nelle ultime settimane si erano succedute notizie nient’affatto positive su Groupon: prima la bacchettata con la quale la Sec – la Consob americana – ha chiesto di verificare i ricavi comunicati per non considerare il valore dei coupon messi in vendita dagli inserzionisti, ma solo le commissioni da questi ultimi pagate. Poi il posticipo dello sbarco in Borsa, peraltro valutato anche in considerazione della congiuntura finanziaria e infine la decisione di ridurre significativamente gli investimenti in marketing dopo due anni di grande crescita e dopo aver allargato in modo estremamente rilevante la propria customer base.
Tuttavia, venerdì scorso lo sbarco in Borsa (Nasdaq) è avvenuto con risultati incredibili: 35 milioni di azioni messe in vendita a 20 dollari l’una con conseguente raccolta di 700 milioni di dollari (circa 510 milioni di Euro). Questa cifra, dunque, rappresenta la maggiore raccolta di una società di internet dopo il record di Google, che nel 2004 raccolse ben 1,7 miliardi di dollari.
Quel che però più conta è che le imprese comprendano non solo le opportunità del couponing così egregiamente diffuso da parte di Groupon, ma anche le criticità di un uso erroneo di questo strumento.
E’ famoso il caso di un caffè di New York che ha attivato un’operazione su Groupon proprio il giorno dell’inaugurazione di una mostra al MoMA, museo di fronte al quale il bar aveva sede. Quel giorno il locale era pieno, ma lo sarebbe stato comunque e, ad avvalersi del coupon, sono stati soprattutto utenti che non sarebbero ritornati al caffè perché arrivati in zona solo per la mostra.
Il caso (negativo) dimostra come, oltre a programmare con attenzione l’iniziativa, occorra che Groupon venga utilizzato dalle aziende non come semplice strumento di business, ma come leva di marketing con la quale conquistare un nuovo cliente per trattarlo con cura (diversamente da come, in molti casi, oggi avviene in Italia) affinché ritorni a prezzo pieno ed attivi a sua volta un positivo passaparola.
Rimane in ogni caso l’importanza di capire se Groupon sia il veicolo giusto oppure altre piattaforme sappiano raggiungere un target meno opportunistico, più specializzato nel business delle singole imprese o più capace di far leva su un vero “social commerce”. Il couponing è certamente un fenomeno di successo, ma tutto ancora da scoprire.
Intanto, l’azienda con sede a Chicago è valutata 12,8 miliardi di dollari, rispetto a circa 6 miliardi che lo scorso anno offrì Google per acquistarla.