Transparency International, l’organizzazione mondiale contro la corruzione con sede a Berlino, ha recentemente svelato i risultati relativi all’edizione 2011 del BPI, Bribe Payers Index, l’Indice di Propensione alla Corruzione delle principali Nazioni industrializzate, sulla base del quale è stata stilata una classifica dei Paesi maggiormente “corruttori”.
Lo studio è stato condotto su 28 Nazioni, fra le maggiori esportatrici a livello mondiale, selezionate “sulla base del valore dei flussi dell’FDI (Foreign Direct Investment, vale a dire gli investimenti stranieri diretti), delle loro esportazioni e della loro rilevanza regionale”.
“Il report fornisce – si legge sul portale italiano dell’associazione – dettagliate risposte sulla propensione delle aziende esportatrici a corrompere, sui settori più contaminati dalla corruzione, sul grado di consapevolezza dei dirigenti delle più grandi società circa l´extraterritorialità della Convezione OCSE contro la corruzione che ha reso illegale il pagamento di tangenti a pubblici ufficiali stranieri, sul livello con cui queste imprese stanno implementando l’osservanza della Convenzione e sulla percezione delle pratiche commerciali scorrette, oltre al pagamento delle tangenti, usate per ottenere contratti”.
Per stilare la classifica Transparency International ha sottoposto un questionario a 3000 dirigenti aziendali da tutto il mondo, raccogliendo i loro pareri sulle imprese di diverse Nazioni con cui si sono trovati a rapportarsi nell’ambito di affari internazionali. La graduatoria stilata dall’organizzazione no-profit assegna ad ognuno dei 28 Paesi in esame (tra cui sono presenti tutti e 20 i componenti del G20) un punteggio da 0 a 10, dove la votazione massima sarebbe da assegnare, idealmente, alle Nazioni mai incorse in episodi di corruzione nell’ambito di business all’estero.
Buoni risultati in questo contesto sono stati raggiunti dalle imprese dei Paesi Bassi e della Svizzera, attestatesi come le più trasparenti fra quelle esaminate, con un punteggio di 8,8 su 10. Le aziende più inclini alla corruzione risultano invece Russia e Cina: la prima ha totalizzato appena 6,1 punti, la seconda poco di più, 6,5.
L’Italia si è attestata al 15° posto con 7,6 punti, a pari merito con Hong Kong, Malesia e Sudafrica. Il risultato, come sottolinea la presidentessa di Transparency International Italia Maria Teresa Brassiolo, non è positivo per il nostro Paese che, pur essendosi piazzato circa a metà classifica, si colloca “in posizione decisamente inferiore ai migliori e all’ultimo posto fra i Paesi europei”.
Il dato risulta negativo per l’Italia soprattutto se si pensa che, spiega la stessa Brassiolo, “la corruzione, vera o percepita, influisce fino al 30% sul rating paese e sugli investimenti esteri, costituendo un impedimento alla crescita e allo sviluppo dell’economia e del lavoro”. Il contrasto alla corruzione dovrebbe essere invece una priorità, in quanto “fa diminuire i costi pubblici e quindi il debito e lascia risorse all’economia virtuosa che investe e crea lavoro certo e dignitoso”. T.I. ha proposto da tempo al nostro governo una serie di misure correttive, di cui alcune sono incluse nel DDL Anti-corruzione, che ha già ricevuto l’approvazione al Senato ma giace ancora da tempo in Parlamento.
A livello globale, infine, altri dati interessanti forniti dal BPI 2011 sono quelli relativi alla diffusione della corruzione nei diversi settori industriali: anche in questo caso, nessuna area si è rivelata del tutto immune dal pagamento di tangenti; l’agricoltura e l’industria leggera risultano comunque i settori più trasparenti, entrambi con 7,1 su 10 punti, immediatamente seguite dall’aerospazio di ambito civile e dall’Information Technology, al secondo posto con 7 punti. Il settore più compromesso è invece quello di appalti e costruzioni, che con appena 5,3 punti si pone nettamente al di sotto della media, che è di 6,6.