Un adeguato investimento in information technology può portare a una crescita del pil compresa fra lo 0,4 e lo 0,9%. E può anche essere un supporto allo sviluppo delle aziende, aiutando i processi decisionali, l’organizzazione, il rapporto con i clienti, con le altre imprese, con la pubblica amministrazione. Lo rilevano i risultati del convegno organizzato dal Politecnico di Milano e dedicato al tema “Crisi finanziaria e rilancio dell’economia: quello che l’Ict può fare”, occasione per la presentazione dei risultati della Management Academy for ICT Executives, progetto culturale promosso dalla School of Management dell’ateneo milanese in collaborazione con Cefriel e con il patrocinio di Assinform, Aused e ClubTI.
L’obiettivo del programma è quello di affiancare i CIO e gli ICT Executives nell’esigenza di formazione e crescita professionale indotta dalla crescente rilevanza delle tecnologie digitali per il business.
Fra le diverse azioni che gli esperti del Politecnico consigliano, per lo più al settore pubblico, per aumentare il pil attraverso una strategia digitale, ci sono uno stimolo agli investimenti Ict delle imprese per 150 milioni di euro in più rispetto al valore attuale, attraverso defiscalizzazione e co-finanziamenti pubblici, e anche maggiori risorse, sempre per 150 milioni di euro, per le start-up digitali, considerate evidentemente strategiche.
Per quanto le riguarda le imprese, si stanno attrezzando. Il Polimi ha realizzato una survey su quali sono i temi caldi per le direzioni Ict per il 2012 su un campione di 119 società di grandi dimensioni (con fatturato superiore ai 250 milioni di euro) e 54 di medie dimensioni (fra i 100 e i 250 milioni di euro). Le aziende sono state classificate in quattro macrosettori: banche e assicurazioni, servizi e media, utility e industria.
In genere, il budget Ict per il 2012 cresce leggermente, rispetto al 2001, nelle imprese dei settori utility e banche e assicurazioni, con una maggiore inclinazione a investire da parte delle medie aziende, dove il 17% dei responsabili Ict prevede un aumento sostenuto di risorse. Nelle grandi aziende invece quasi la metà, il 45%, dichiarano una sostanziale invarianza del trend di budget Ict per il 2012.
In generale, comunque, la spesa in Ict si rivela sostanzialmente rigida, per i limitati investimenti in nuove soluzioni rispetto alla quota destinata invece alla gestione dell’esistente.
Quali sono i principali trend di investimento per il 2012? La riduzione dei costi interni delle Direzioni Ict e di quelli relativi al Business Process. Nel primo caso, attraverso soluzioni di consolidamento e razionalizzazione dei sistemi informativi, principalmente sviluppo dei Data Center (34%) e investimenti in Cloud Computing (30%), mentre per quanto riguarda il Business Process si procede innanzitutto attraverso soluzioni di digitalizzazione dei processi e la Unified Communication & Collaboration.
Questi due trend, sottolinea Mariano Corso, responsabile scientifico della Management Academy for ICT Executives del Politecnico di Milano, «evidenziano come attraverso il recupero di risorse, le Direzioni ICT stiano cercando di auto-finanziare l’innovazione, nell’ottica di avvicinarsi al business ed alle sue esigenze contribuendo ad una maggiore efficacia decisionale e a un ripensamento delle relazioni interne ed esterne all’impresa».
Qualche esempio: le azioni di dematerializzazione dimostrano già benefici concreti, fra 1 e 3 euro a documento con payback entro i 12 mesi nel caso di conservazione sostitutiva delle fatture attive, oppure fra 30 e 80 euro per ciclo con payback entro 12 mesi nel caso della completa integrazione e dematerializzazione del ciclo dell’ordine.
«Per poter implementare queste soluzioni – prosegue Mariano Corso – la Direzione ICT si vede costretta a cambiare il proprio assetto organizzativo riducendo il nucleo operativo, puntando all’outsourcing e investendo sulla relazione con i clienti sia interni sia esterni». E proprio «lo sviluppo di ruoli e processi per il Demand Management risulta al primo posto tra le sfide organizzative per il 2012, indicata dal 42% degli intervistati».