Si leggono in questi giorni lettere accorate da parte dei direttori dei giornali “di area” che, con spirito bipartisan, invocano l’intervento del presidente del Consiglio, Mario Monti, perché escluda dai tagli quelle testate che nell’editoria danno voce all’opinione pubblica e alle diverse rappresentazioni in cui essa si esprime.
Poche sono invece le proteste che sono state espresse dai protagonisti del digitale benché sempre più l’informazione passi attraverso il Web; di qui il riconoscimento delle istituzioni più prestigiose come il Premio Pulitzer che per il secondo anno di fila proclama vincitore un sito web, ProPublica, e rivede il concetto di “breaking news” per adattarlo al crescente successo dei cinguettii di Twitter – e benché il sostegno a Internet non sia ad personam, ma semmai attraverso i contributi, ben piu meritocratici, per la diffusione della Banda Larga.
Eppure l’editoria digitale è forse il passaggio cruciale del nostro tempo perché, se è vero che il mezzo è il messaggio, la diffusione di news magazine online, e-book e social media sta implicando una revisione del prodotto editoriale stesso che richiede interattività, coinvolgimento degli utenti, collaborazione delle community e infine format più capaci di essere portabili su più supporti e condivisibili.
Dalla civiltà del libro e del giornale che, per ragioni produttive e distributive, poneva l’accento sull’editore e influenzava il prodotto stesso, la Rete sta provocando una forma più liquida, individualistica e nel contempo social di accesso all’informazione e alla conoscenza e di formazione del consenso. Forse assisteremo nel futuro a prodotti che assomiglieranno più ad app come Flipboard e Zinio che al contenuto editoriale come oggi lo pensiamo. C’e da chiedersi – in modo aperto e lungimirante – come il ruolo dello Stato debba porsi di fronte al cambiamento e quanto questo passaggio debba essere accompagnato da finanziamenti e supporto alla formazione.
Un tema amplissimo, ma che non per questo non deve essere oggetto dell’attenzione da parte della classe dirigente e delle imprese di questo Paese.