La diffusione di Facebook (21 milioni di utenti in Italia), il suo profilo demografico (il 57% degli utenti è over 35) e l’intensità nella frequenza del suo uso costringono le aziende a capire come trasformarlo in un luogo di relazione col cliente acquisito e di acquisizione di nuovi contatti.
Sul primo fronte, le statistiche affermano che ancor più occorre far leva sui contenuti editoriali (tecnicamente il “content marketing” che in tempi di social media acquisisce sempre più peso) sotto forma di suggerimenti, informazioni utili, assistenza e confronto sull’uso dei beni, sul secondo fronte scorre invece rispettare il codice di Facebook che, seppur non esclusivamente, richiede regole di ingaggio dinamiche, spesso ludiche, ma certamente capace di intrattenere al punto da conquistarsi presso i fan la condivisione ai propri amici.
Per ottenere questo obiettivo occorre pertanto seguire quella direzione che è chiamata “gamification” della brand experience ovvero modalità con le quali i nuovi utenti scoprono ed entrano in contatto con l’azienda attraverso modalità di gioco e divertimento.
Qualche esempio:
– nel passato Sky in Italia ha diffuso una applicazione con la quale gli utenti, come nel tradizionale gioco delle figurine, erano chiamati a riconoscere i calciatori protagonisti del campionato, competendo con i propri amici sul social network;
– più di recente, Autosout24 ha coinvolto migliaia di utenti a scoprire l’auto dei propri desideri grazie a un vero e proprio videogame in cui ci si cimentava con le proprie doti di guida;
– la marca di profumi essenze americana Aldo fa scoprire di che colore sia il nostro umore giocando con una serie di test ed azioni da compiere e rivela il nostro stato d’animo e le sue cause;
– il produttore di biancheria intima statunitense Bonobos ha sguinzagliato i suoi fan a cercare su un sito di immagini di modelle quelle che indossavano capi di abbigliamento Bonobos e a cliccarle per vincere (i capi di abbigliamento).
Tutto questo non tanto per intrattenere l’esistente fan-base della propria pagina su Facebook (un classico media proprietario, “owned”), ma per indurre i loro fan a condividerlo facendo giocare altri loro amici, guadagnando attenzione ovvero ampliando il proprio spazio media “earned”. Non comprato con la pubblicità, ma nondimeno, grazie al principio della vitalità guadagnato.