Sempre meno donne al lavoro, ma cresce la percentuale nei cda

di Andrea Barbieri Carones

6 Febbraio 2012 11:30

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Una ricerca presentanta dal Cnel mostra che in Italia il lavoro è ancora una chimera per molte donne, mentre nei cda di aziende quotate crescono.

In Italia il percorso lavorativo delle donne è più difficile rispetto agli uomini e il loro tasso d’occupazione è all’ultimo posto in Europa, con il 46,1%. Un panorama in evoluzione sul mercato del lavoro in rosa è stato illustrato nel corso degli “Stati generali sul lavoro delle donne in Italia”, svoltosi presso il Cnel.

I dati e le percentuali emerse mostrano anche un notevole divario per quanto riguarda le zone geografiche segno anche che i servizi sociali ai cittadini sono di livelli molto diversi: se nel sud del Paese l’occupazione femminile è al 30,5%, al nord arriva al 56,1% con questa forbice che continua ad aumentare, esattamente come cresce il gap retributivo con gli uomini che dal 1995 a oggi è passato dal 10,3% al 13,8%.

Come se piovesse sul bagnato, negli anni 2008-2010, i posti di lavoro nelle mani delle donne sono addirittura diminuiti, scendondo di 103mila unità pari all’1,1%, mentre nei primi 9 mesi del 2011, ben 45mila rappresentanti del gentil sesso hanno dovuto dire addio al proprio lavoro.

C’è poi un altro fenomeno: quello delle (giovani) donne che decidono di abbandonare il proprio posto di lavoro una volta diventate mamme, visto che spesso la retribuzione di una eventuale baby sitter è troppo elevata rispetto allo stipendio. Una storia antica, in realtà, che vede l’Italia fanalino di coda in Europa con il 30% delle puerpere che decidno di dedicarsi a tempo pieno alla casa e al bebè abbandonanto il lavoro.

Ma emerge anche un altro dato sconfortante, relativo all’aumento del numero di potenziali lavoratrici che ha addirittura smesso di cercare un’occupazione perché sanno che non la troveranno. In termini burocratici si chiamano “inattive” e rappresentano una percentuale più o meno quadrupla rispetto alla media europea: 16,6% contro il 4,4%, che diventa 1,6% sei si parla di Germania, l’1,3% riferendoci alla Francia e il 6,4% parlando di Spagna, dove comunque la disoccupazione generale è tra le più elevate del continente. Il Paese che più si avvicina al dato nazionale è la Lettonia, dove il tasso di inattività femminile è comunque dell’8,3%.

Emerge anche una forte barriera alla carriera, visto che ci osno poche donne nei luoghi decisionali con percentuali molto chiare rispetto agli uomini:

– Imprenditrici (19%)
– Dirigenti (27%)
– Libere professioniste (29%)
– Dirigenti medici di strutture complesse (13,2%)
– Prefetti (20,7%)
– Professori ordinari (18,4%)
– Direttori enti di ricerca (12%)
– Ambasciatrici (3,8%)
– Nessuna donna a vertici della magistratura

Scarsa anche la presenza femminile ai vertici delle società quotate, anche se si notano dei segni costanti di miglioramento: per quanto riguarda la percentuale nei consigli di amministrazione, nel 2011 era il 7%, mentre nel 2004 era del 4,5%. Le società con almeno una donna nel cda oggi sono il 50,2% mentre nel 2004 erano il 33,8%.

Anche ai vertici delle banche le presenze sono soprattutto maschili, anche se dal 1994 a oggi si assiste a una lenta “femminilizzazione” degli istituti di credito dove la percentuale in rosa dei cda è passata dall’1,5%, al 3,5% del 2000, al 5,1% del 2007 fino al 6,8% del 2010.

Toccando il campo dell’imprenditoria, ci sono 2 settori dove le imprese femminili sono più di quelle maschili: nel campo alberghiero, in quello del commercio e in quello dei servizi immobiliari.

I risultati completi di questo studio sono visibili all’interno di questo sito nella sezione “documenti”.