Coach donne per manager uomini

di Teresa Barone

13 Febbraio 2012 08:30

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Si diffonde in Italia il mestiere del ?coach?: a svolgerlo sono soprattutto le donne, mentre a chiedere consulenza sono i manager di sesso maschile.

Tra le nuove professioni, il coaching rappresenta senza dubbio un settore in espansione, un’opportunità di lavoro autonomo e fonte di guadagno per folte schiere di giovani consulenti che operano sempre di più all’interno delle grandi aziende, anche in Italia.

La maggioranza dei coach, o motivatori, trainer o come li si voglia chiamare, sono donne: questo è quanto emerge da una ricerca condotta in ambito internazionale dal network PricewaterhouseCoopers – in collaborazione con Icf global (International Coach Federation) -, che mostra come il sesso debole incarni perfettamente la figura di consulente in ambito professionale. Non stupirà apprendere, tuttavia, che i clienti sono prevalentemente manager e uomini.

Il 60 per cento dei coach appartiene quindi al sesso femminile, e stando ai dati resi noti durante il VIII congresso di Icf, in Italia si tratta perlopiù di donne di età compresa tra i 44 e i 49 anni e attive prevalentemente nelle Regioni del Nord. Il perché di questa predominanza rosa è illustrato dal presidente di Icf Italia Fabrizia Ingenito, la quale focalizza l’attenzione sulla capacità tutta femminile di gestire le relazioni: “La donna reintroduce il valore delle risorse umane, intese come patrimonio reale dell’azienda, quindi le persone viste non come voci di bilancio ma come potenzialità a sostegno dell’azienda.”

L’identikit del potenziale cliente è caratterizzato, oltre dal sesso maschile, anche da un grado di istruzione alto e una elevata professionalità in ambito prevalentemente manageriale, nonché da un’età compresa tra i 36 e i 45 anni. Cosa chiedono i manager al proprio coach? Sembra che la necessità di avere supporto e formazione da parte di un esperto riguardi soprattutto la sfera relazionale, ma tocca da vicino anche le tematiche legate alla crescita personale e allo sviluppo dell’autostima.

E mentre il fatturato di queste nuove figure professionali cresce, così come il numero di persone che ne richiede le prestazioni, c’è chi sottolinea l’urgenza di migliorare il livello di professionalità dei coach anche per contrastare la concorrenza di personale meno competente che, tuttavia, afferma di offrire le medesime prestazioni. La formazione professionale è invece determinante in questo settore, così come l’esperienza sul campo: è sempre il presidente di Icf ad anticipare l’inserimento di nuovi criteri valutativi all’interno della federazione, in modo da ammettere come coach associati solo ed esclusivamente professionisti che siano in possesso di alcuni requisiti ritenuti fondamentali per poter lavorare nel settore. Iniziativa che rappresenta, forse, il primo passo verso la creazione di un sistema di certificazioni riconosciuto a livello internazionale.