Circa 1,5 miliardi di euro pari allo 0,1% di PIL realizzato in un anno. La Coldiretti fa i conti, parziali, dei danni causati dall’ondata di maltempo che ha colpito l’Italia: “L’agroalimentare – sottolinea l’associazione – è stato il settore più colpito con danni stimati pari a circa mezzo miliardo di euro lungo tutta la filiera (agricoltura, industria alimentare, distribuzione, trasporti, ecc.) ma un conto pesante è pagato anche dai numerosi distretti dell’attività manifatturiera presenti nelle aree colpite dal maltempo, dalle calzature ai mobili fino agli elettrodomestici delle Marche, dalla ceramica dell’Emilia fino al commercio all’autotrasporto e alla pesca”.
Ma i danni di cui parla la Coldiretti non sono solo quelli del circuito produttivo ma anche quelli strutturali “con il crollo di intere strutture produttive, dai capannoni industriali alle stalle con la distruzione di macchinari e la morte di migliaia di animali allevati, tra mucche, pecore, cavalli, conigli e polli. Il conto per l’agricoltura – sostiene la Coldiretti – potrebbe salire in misura esponenziale perché con le temperature al di sotto dei dieci gradi per più giorni rischiano di essere compromesse anche le circa 100 milioni di milioni di piante di ulivo coltivate nelle zone interessate dal maltempo, al pari di quanto è avvenuto con le gelate del 1985″.
Problemi soprattutto derivanti dalle temperature polari registrate in questi giorni: “Una preoccupazione che riguarda anche i vigneti e gli alberi da frutto con la sopportazione media delle piante al freddo che va in via molto indicativa – sottolinea la Coldiretti, da -3 a – 5 per gli agrumi, da -10 a -12 per l’ulivo, da -16 a -18 per la vite, da – 18 a – 22 per drupacee quali ciliegio, albicocco e mandorlo, da -22 a -25 per pomacee, quali pero e melo. I danni alle piante – precisa la Coldiretti – sono destinati a compromettere le produzioni nel tempo poiché occorrono anni prima che prima che si possa sostituire la pianta e che quella nuova inizi a produrre”.
“Le temperature di -23 gradi che sono state raggiunte nel 1985 hanno compromesso – si spiega in una nota – il 90% degli ulivi toscani ma danni superiori al 50% si sono verificati in Liguria, Emilia-Romagna, Toscana, Marche, Umbria, Lazio, Campania, Molise e Basilicata. Se le condizioni climatiche dovessero ripetersi anche quest’anno, come prevedono molti meteorologi, sarebbe un vero disastro per una produzione simbolo del Made in Italy che concorre anche a segnare in modo indelebile il paesaggio in molte regioni”.
Infine, preoccupazione viene espressa anche per le viti: “Che sono più resistenti al freddo ma i tessuti legnosi possono venire compromessi a partire dai -16/18 gradi centigradi. La sensibilità della delle viti alle basse temperature dipende dalla varietà con il Trebbiano Toscano, il Barbera, il Montepulciano, il Merlot, il Sangiovese, la Malvasia di Candia e l’Albana che sono considerati tra i vitigni più suscettibili, al contrario del Cabernet Sauvignon e Franc, del Lambrusco, Pinot Bianco, Riesling Renano e Italico sono maggiormente tolleranti al freddo tanto da aver resistito nel 1985 a temperature anche fino a -20 gradi”.