Donne manager, la Thailandia è il Paese ideale

di Andrea Barbieri Carones

8 Marzo 2012 07:30

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Una classifica mostra che il Paese migliore per le donne manager è la Thailandia, mentre quelli dove guadagnano di più sono Norvegia e Lussemburgo.

In Thailandia le donne trovano più spazio per fare carriera e diventare manager, mentre in Rwanda il potere (almeno quello politico) è femminile, dato che la maggior parte dei seggi in Paralamento è occupato dal gentil sesso.

Paese che vai, situazione che trovi. Soprattutto se è legata al mondo delle donne. A stilare una classifica dove l’universo femminile trova le sue migliori – o peggiori – collocazioni nella società del 2012 è stato il quotidiano inglese The Independent, che ha scandagliato tutto il globo alla ricerca dei dati “in rosa” più eclatanti.

A essere considerate sono diverse categorie: la politica, l’istruzione, l’occupazione e gli indicatori di salute. A vincere la classifica generale è un Paese dell’estremo nord dell’Europa, quell’Islanda in cui le 160mila donne vivono sostanzialmente allo stesso livello dei quasi 160mila uomini.

Il peggiore, come si poteva immaginare, è l’Afghanistan dove oltre alla guerra, ai diktat talebani e alla società prettamente basata sull’uomo ci sono migliaia di donne che ancora oggi indossano il burka come unico indumento. Insieme al Paese guidato da Hamid Karzai, anche lo Yemen si posizione in fondo alla classifica per qualità di vita delle donne.

Curioso è che il Parlamento che al mondo dà più spazio ai deputati femmine è il Rwanda, dove su 80 seggi, solo 35 sono occupati da uomini che invece hanno l’esclusiva in Arabia Saudita, Yemen, Qatar, Oman e Belize, dove l’8 marzo è una data come le altre. La notizia curiosa è che la Camera dei Comuni del Regno Unito occupa il 45° posto in graduatoria, superato addirittura da Pakistan ed Emirati Arabi. Sempre parlando di politica, il Paese al mondo dove è più comune avere un capo di Stato o di governo donna è lo Sri Lanka, dove sono ormai 23 anni che tali leader appartengono al gentil sesso.

Il Paese migliore dove fare un figlio è invece la Norvegia, sia per il basso rischio di mortalità per puerpera e bebè sia per l’eccellente servizio sanitario e per la retribuzione data alle impiegate quando sono in dolce attesa. A 5 ore di volo da Oslo, l’Afghanistan è invece il posto peggiore dove essere mamma, soprattutto per il fatto che la probabilità che una donna perda la vita durante il parto e 200 volte maggiore di quella di essere colpita da una bomba o da dei proiettili.

Considerando invece il settore aziendale e i manager di alto livello, il Paese con la più alta presenza femminile in posizioni di vertice è la Thailandia, con il 45% del totale contro l’8% del Giappone e il 23% del Regno Unito. Diverse invece le classifiche che considerano la più elevata partecipazione nell’economia – qui vincono le isole Bahamas, mentre ultimo è lo Yemen – e la più alta partecipazione alla forza lavoro, dove in testa c’è lo Stato africano del Burundi dove il tasso di partecipazione femminile è superiore a quello maschile: 92 contro 88%. All’ultimmo posto il Pakistan, dove gli uomini che lavorano sono 4 volte di più delle donne.

Lussemburgo e Norvegia sono i Paesi dove è più alto in reddito guadagnato dalle donne in rapporto a quello dell’uomo, dove entrambi percepiscono mediamente 40mila dollari annui. Il primo dei due, in realtà, è in testa anche alla graduatoria generale degli stipendi dei dipendenti, almeno riferiti alla Ue. Il paese più arretrato da questo punto di vista? l’Arabia Saudita, dove gli uomini arrivano a 36.727 dollari e le donne a 7.157.

Se si va in Qatar, invece, è più probabile che all’università si trovi una studentessa di uno studente: in questo caso la media è di 6 a uno (fortunato, però).

Quello delle differenze tra sessi è una questione all’ordine del giorno dibattuta in importanti meeting internazionali come il World Economic Forum: nell’ultima sessione di gennaio, è emerso per lo meno che l’85% dei Paesi del mondo negli ultimi 6 anni hanno migliorato le condizioni della donna anche se in termini econommici e politici c’è ancora tanto da fare.