Coca Cola revoca lo stop alle forniture dalla Calabria

di Teresa Barone

7 Marzo 2012 15:00

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Coca Cola non annullerà i contratti di fornitura arance dalla Calabria, ma le polemiche sullo sfruttamento del lavoro straniero non si placano.

Coca Cola continuerà a reperire le sue scorte di arance dalla Calabria, annullando il blocco alla fornitura di agrumi dalla Piana di Rosarno che, nei giorni scorsi, ha destato molte polemiche. Ad annunciarlo è il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali Mario Catania al termine del vertice con una rappresentanza della Coca Cola Company.

Nonostante le polemiche sullo sfruttamento del lavoro straniero, del quale l’azienda si servirebbe nel sud della penisola per la raccolta delle arance destinate alla produzione della “Fanta” – secondo le accuse mosse da un tabloid inglese – non ci sarà nessuna interruzione dei contratti di fornitura con i coltivatori di Rosarno. Da parte del ministro c’è grande soddisfazione per gli accordi rinnovati, grazie anche all’impegno del gruppo disposto a incentivare gli acquisti di succhi concentrati prodotti in Calabria e Sicilia, e a programmare contratti di fornitura pluriennali.

È lo stesso Catania a sottolineare l’impegno del Ministero nel trovare un accordo con la multinazionale: “Abbiamo chiesto a Coca Cola di rimanere sul nostro mercato e l’azienda ci ha assicurato che intende farlo e che intende continuare a comprare in Italia tutte le arance che sono necessarie alla produzione dei soft drinks che vengono commercializzati dall’impresa in Italia“. Le polemiche intorno allo sfruttamento del lavoro, tuttavia, sembrano non placarsi, tanto che la Coldiretti è ancora sul piede di guerra. Da parte degli imprenditori agricoli associati e delle associazioni di categoria, infatti, c’è ancora molto scetticismo e non sono mancate le iniziative di boicottaggio contro il celebre marchio di soft drink, lanciato all’insegna di uno  slogan che lascia poco all’immaginazione: “No all’aranciata che spreme agricoltori, lavoratori e inganna i consumatori“.

Non solo, stando alle accuse dell’associazione, le arance vengono pagate ai produttori qualcosa come 8 centesimi al chilo, cifra lontana anni luce dal prezzo finale delle bevande vendute al dettaglio, ma le etichette dei prodotti non presenterebbero l’indicazione della vera origine dei frutti. Tutti fattori dietro i quali si cela lo spettro del lavoro irregolare. Un’accusa pesante dalla quale, tuttavia, Coca Cola ha tutta l’intenzione di prendere le distanze, stando almeno a quanto dichiarato da Catania, che ha anche annunciato l’avvio di un confronto con le istituzioni locali e le imprese: “Non sempre le condizioni di raccolta delle arance sono in linea con gli standard, ma Coca Cola ha assicurato piena collaborazione nel verificare il rispetto di condizioni di lavoro equo, annunciando audit e controlli più stringenti“.