Farà sorridere, ma Lady Gaga è la prima utente di Twitter ad aver raggiunto i 20 milioni di follower. Il che non è una notizia da poco per quei manager che stanno sforzandosi di immaginare forme di relazione e comunicazione con i propri clienti e prospect in un contesto che appare, ad uno sguardo superficiale, anarchico come i social media.
La reazione che hanno alcune aziende può essere infatti scomposta: Procter & Gamble ha dichiarato di abbattere i propri sforzi sui media tradizionali, anche con una riduzione significativa dell’organico e non solo del budget, per concentrarsi sui social ed il linguaggio e le tecniche da adottare sono ben diversi e decisamente sfidanti.
La scorsa estate il Comune di Los Angeles ha dovuto impedire l’accesso alle proprie tangenziali per un’intera giornata ed uno dei canali di comunicazione che ha utilizzato è stato chiedere proprio a Lady Gaga e ad Ashton Kutscher, ex marito di Demi Moore, di “twittare” la cosa. Che questi soggetti – e, in modo più prosaico, coloro che aggregano audience sulle piattaforme social – siano nuovi media non può che essere un dato da cui non si può prescindere man mano che il consumo dell’informazione assume toni più personalizzati e più sociali e, in un’unica parola, più liquidi.
Che fare dunque? In più occasioni abbiamo parlato di pensare al nostro target e soddisfarlo, attirarlo, coinvolgerlo con un piano editoriale che rispecchi i suoi bisogni e le nostre competenze, ma soprattutto ambisca a “farsi condividere” per generare quel passaparola, quell’effetto di “attenzione guadagnata” che costituisce il vero valore aggiunto che la Rete può provocare.
Dopo il lavoro fatto da Fiorello anche in Italia, si è aperta una finestra temporale nella quale su Twitter è cresciuta la domanda di contenuti cui ancora non corrisponde un’adeguata offerta e qui nasce uno spazio per le imprese di accreditare le proprie competenze con iniziative appropriate e che rispettino il codice dello strumento. Un codice diverso da quello di Facebook, meno legato all’intrattenimento e più pertinente al content marketing, a “raccontare una storia” che rappresenti la visione che l’azienda ha della reason why cui i propri prodotti, i propri servizi, soprattutto il proprio posizionamento mirano ad assolvere.
E’ una finestra temporale non infinita: la sfida che le dotcom pongono in questo senso alle imprese tradizionali è aperta. Chi ha più filo da tessere, lo faccia ed avrà un canale di comunicazione diretto, efficace, conveniente.