Se le società quotate a piazza Affari fossero un numero maggiore rispetto a oggi, a giovarne sarebbe il PIL italiano e l’occupazione in genere, come indicao uno studio realizzato da Borsa Italiana e Università Bocconi.
Più in particolare, ad aver puntato al mercato azionario di Milano fossero 1.000 aziende invece che le 291 quotate a inizio 2010 il prodotto interno lordo potrebbe risalire anche di 1,5% punti percentuali, contribuendo alla ripresa economica del Paese anche grazie a un aumento di circa 137mila posti di lavoro e una crescita di 2,85 miliardi del gettito fiscale rendendo magari meno onerosa per i cittadini la manovra Salva-Italia del governo Monti.
Del resto la differenza tra Italia e resto d’Europa è emblematico: le 291 aziende quotate alla Borsa di Milano (che a fine 2011 erano 304) sono poca cosa rispetto alle oltre 600 quotate a Francoforte e alle 900 quotate a Parigi. Ma sono ancora poche visto che sono appena il 10% rispetto a quelle nel listino della potentissima Borsa di Londra.
A inizio 2010, le aziende quotate a Piazza Affari hanno prodotto il 21% del fatturato nazionale e il 7% degli occupati in Italia, per un contributo diretto delle imprese quotate alla formazione del PIL 2009 pari all’8%.
Se in Italia le imprese più piccole sono il 77,5% del totale, a Piazza Affari rappresentano il 16,4%. Al lato opposto, le aziende più strutturate rappresentano il 4,5% del totale nazionale e circa la metà delle società quotate in Borsa.