Il Tribunale dell’Unione europea ha stabilito che il prestito ponte che nel 2008 lo Stato italiano concesse ad Alitalia era illegittimo e che violava le norme del mercato comune, “in quanto conferiva un vantaggio economico finanziato con risorse statali, che non sarebbe stato concesso da un investitore privato avveduto”. L’organismo comunitario ha pertanto decretato che tali aiuti, di 300 milioni di euro, siano restituiti. A essere colpita, però non è la nuova Cai-Alitalia, sorta in regime di discontinuità con la vecchia compagnia, ma la vecchia.
Nella sua decisione, la Cgue ha aggiunto anche che la cessione dei beni della vecchia compagnia alla nuova Cai è invece legittima, in quanto le transazioni sarebbero state effettaute a prezzi di mercato. In tutto questo, la corte ha anche respinto i ricorsi presentati da Ryanair, secondo cui “ordinare il recupero dell’aiuto presso Alitalia anzichè presso Cai avere pregiudicato in modo sostanziale la sua posizione concorrenziale”. La compagnia aerea low cost, ora, dovrà pagare le spese processuali.
Il vettore irlandese, infatti, sosteneva che la restituzione dei 300 milioni fosse dovuta dalla nuova Alitalia, nata nel gennaio del 2009 sotto la guida del presidente Roberto Colaninno e del CEO Rocco Sabelli che avrebbe in un certo modo ottenuto vantaggi dal prestito statale.
Ma il “duello” tra Cai-Alitalia e Ryanair era iniziato nei giorni scorsi anche al di fuori delle aule di giustizia comunitarie per concentrarsi nei cieli. In ballo la supremazia del trasporto aereo in Italia, dove una dichiarazione ufficiale del vettore irlandese diceva di essere diventata la compagnia numero 1 nella Penisola, battendo l’azienda tricolore per 28,1 milioni di passeggeri contro 25.
I documenti ufficiali dell’Ente nazionale per l’aviazione civile indicano invece che le persone che hanno volato su aerei del vettore guidato da Michael O’Leary sono stati poco più di 22 milioni. L’Enac, in realtà, ha anche mostrato delle perplessità sui dati che il management della compagnia ha reso noto in riferimento al load factor dei suoi aeromobili, vale a dire la percentuale media di posti occupati per ogni volo da o per l’Italia: a fronte dell’82% comunicato da Ryanair, le cifre dell’ente – ottenute calcolando i posti offerti con i passeggeri che effettivamente hanno viaggiato – indicano che il coefficiente di riempimento sarebbe del 76%.
Il problema vero, in realtà, è che l’azienda irlandese è quotata in Borsa e quei risultati sull’andamento industriale rappresentano un fattore determinante nella valutazione delle quote azionarie.