Il vertice tra il governo e i tre leader di maggioranza “allargata” (Alfano, Bersani e Casini) ha prodotto alcune novità in materia di riforma del mercato del lavoro. Novità che – per usare i virgolettati dello stesso premier Mario Monti, avrebbero confermato l’impegno di tutte le parti “per un iter di approvazione efficace e tempestivo della riforma in Parlamento”.
Il punto più delicato dell’intera vicenda – e, di conseguenza, chiave di volta dell’incontro svoltosi in tarda serata – è ancora relativo alla revisione dell’articolo 18, con particolare attenzione alla parte sui licenziamenti per motivi economici. Stando alle ultime notizie, l’equilibrio sarebbe stato raggiunto attraverso una posizione di compromesso: il Pd avrebbe ottenuto la possibilità di reintegro stabilita dal giudice (e non più, pertanto, il solo riconoscimento di un indennizzo, con onere della prova di illegittimo licenziamento sul dipendente); in cambio, il Pdl avrebbe ottenuto sostanziali garanzie di maggiori flessibilità in entrata, con slittamento di un anno della riforma sulla stabilizzazione delle partite IVA.
Ma cosa cambia per i dipendenti? In linea di massima, in caso di licenziamento “palesemente” illegittimo, sarà il magistrato a scegliere se optare per il reintegro del lavoratore o la corresponsione di un indennizzo. Una piccola forma di tutela in più sulle spalle dei lavoratori, che tuttavia difficilmente – riteniamo – sarà sufficiente per rasserenare gli animi di buona parte dei movimenti sindacali.
Di sicuro, a poter essere convinto della validità di questa revisione dell’articolo 18 su ispirazione tedesca è il leader Cisl Bonanni, che aveva auspicato una simile soluzione. Probabilmente l’assenso arriverà in queste ore anche da Luigi Angeletti della Uil, mentre dubbi maggiori riguardano Susanna Camusso, della Cgil, la quale tuttavia, alla fine, potrebbe concedere il proprio consenso alla riforma.
Ad ogni modo, la maggiore autonomia in capo al magistrato non sarebbe l’unica novità della revisione sull’articolo 18 approvata sostanzialmente nella nottata di ieri. A correggere ulteriormente il tiro sulle mire iniziali è anche un preventivo e obbligatorio passaggio dinanzi all’Ufficio di Conciliazione (presso gli Ispettorati provinciali del Lavoro) e, solamente dopo, il ricorso al giudice che stabilirà il reintegro o l’indennizzo. Pertanto, rispetto a quanto prevedeva il testo originario, non sarebbe più necessario rientrare nella categoria dei licenziamenti discriminatori o disciplinari (ma mascherati da motivazioni economiche) per poter usufruire di tali più ampie tutele.