Il futuro energetico dell’Italia potrà essere contrassegnato dal rilancio della produzione nazionale di petrolio e idrocarburi. E’ l’ipotesi delineata dal ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera durante l’audizione di giovedì 26 aprile presso la Commissione Industria del Senato nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulla strategia energetica nazionale.
“Abbiamo ingenti riserve di gas e petrolio – ha spiegato il ministro – che possono soddisfare il 20% dei consumi nazionali dal 10% attuale”. E’ possibile, secondo Passera, “generare 15 miliardi di euro di investimenti e 25mila posti di lavoro, si può ridurre la bolletta per le importazioni di energia di 6 miliardi, aumentando il Pil di mezzo punto”.
Per arrivare a questo obiettivo è necessario però da un lato adeguare la normativa interna di autorizzazione e concessione agli standard internazionali, dall’altro semplificare le procedure di estrazione di petrolio, gas e metano troppo lunghe e restrittive.
Davanti a queste dichiarazioni immediata è stata la reazione delle associazioni ambientaliste: Legambiente ha stigmatizzato Passera accusandolo di favorire le fonti fossili sporche a danno dell’energia rinnovabile. Il ministro insomma getta la maschera, questo il senso della presa di posizione, e l’azione del governo cerca di ostacolare l’avvento delle fonti puliti introducendo limiti agli investimenti e alla realizzazione di nuovi impianti.
Secondo Vittorio Cogliati Dezza presidente dell’organizzazione ecologista, “le riserve stimate di 187 milioni di tonnellate, agli attuali tassi di consumo, verrebbero consumate in soli due anni e mezzo, mentre i 25mila posti di lavoro ipotizzati dal ministro con l’estrazione di idrocarburi, corrispondono alla metà delle persone impiegate nel settore delle fonti pulite che perderebbero il posto grazie ai suoi decreti”.