Il gruppo Intesa Sanpaolo è l’istituto di credito più chiacchierato di queste ultime settimane. Dopo aver fornito i dati del bilancio approvato dal consiglio di amministrazione presieduto dal cel Enrico Cucchiani, l’istituto di credito desta polemica per la dichiarazione di chiusura di circa mille filiali, contro le circa 500 previste inizialmente dal piano strategico di impresa.
I rapporti con i sindacati sono decisamente tesi al punto che per ora non sono stati convocati. Intanto si sono aperte le procedure di conciliazione presso l’Abi necessarie per evitare un’eventuale sciopero e c’è tempo fino a giovedì per un accordo.
Nel frattempo è previsto un incontro, mercoledì, tra il ceo Enrico Cucchiani e le sigle presenti nella banca per una prima presa di contatto ufficiale. La chiusura delle filiali si unisce a numerose altre questioni sul tavolo, dai nuovi orari degli sportelli agli accordi di armonizzazione dei contratti di gruppo e in particolare alla tutela degli esodati in vista della definizione dei decreti sulla riforma delle pensioni.
In particolare la chiusura degli sportelli e la questione esodati potrebbero incidere sul piano d’impresa, di cui la banca si è detta non disponibile a parlare con i rappresentanti dei lavoratori. Sugli esodati la banca ha dichiarato, come si legge nel comunicato unitario dei sindacati che annuncia la mobilitazione dei dipendenti del gruppo, che «qualora fosse confermata la mancata salvaguardia economica oltre il 2013 e la permanenza vincolante nel Fondo di Solidarietà sino a 62 anni, sospenderebbe le uscite previste per il 30 giugno 2012».
Quindi nessun dipendente lascerà la banca senza la prospettiva della pensione, ma i requisiti per il pensionamento introdotti dalla riforma Fornero, osservano fonti sindacali interpellate da Radiocor, rendono certa l’uscita dal gruppo solo per un migliaio di dipendenti dei circa 4.500 che avevano chiesto l’uscita anticipata attraverso il passaggio dal Fondo di Solidarietà.
Il numero definitivo delle uscite potrà essere calcolato solo quando le norme e i relativi criteri attuativi saranno varati in via definitiva, ma la riduzione del personale del gruppo potrebbe rivelarsi inferiore rispetto a quella preventivata fino qualche mese fa. Se a queste mancate uscite si uniscono gli almeno 3.000 dipendenti che lavorano nelle filiali destinate alla chiusura, ma che secondo fonti sindacali sono destinati a restare nel gruppo, si capisce cosa intendano i rappresentanti dei lavoratori nel loro comunicato quando scrivono che la banca ha espresso la «minaccia di pesanti interventi su ferie, ex festività, straordinari, taglio di salario attraverso riduzione di giornate lavorative».