I social network nel luogo di lavoro? Sono apprezzati da un dipendente su 5 mentre per 4 su 10 vengono ritenuti dannosi per la produttività aziendale e che la commistione tra aspetti privati e professionali, generata dall’utilizzo di questi strumenti in voga da qualche anno, potrebbe causare problemi in ufficio.
I risultati di una ricerca di Kelly Services, azienda attiva nella consulenza per le risorse umane, condotta da ottobre 2011 a gennaio 2012, su un campione di 170.000 persone in 30 Paesi (di cui circa 5.000 in Italia) mostra l’evoluzione dell’approccio dei lavoratori nei confronti dei social network e come questi strumenti stiano impattando sulla produttività in ufficio.
La ricerca ha evidenziato i diversi fattori che condizionano i lavoratori di oggi, tra i quali la diversità geografica e generazionale, ponendo l’accento sulle tre principali generazioni: Y (19-30 anni), X (31-48) e Baby Boomer (49-66).
“Dall’indagine emerge che la diffusione dei social media sul luogo di lavoro sta avvenendo molto velocemente visto che un dipendente su 5 ne approva l’utilizzo durante l’orario d’ufficio”, afferma Stefano Giorgetti, amministratore delegato di Kelly Services Italia. “Mentre molti dipendenti sono pronti a vedere i benefici dell’utilizzo dei social network in ufficio, i datori di lavoro e i dirigenti sono perplessi e devono ancora risolvere alcune complesse problematiche legate alla privacy, al monitoraggio e all’accesso alle informazioni aziendali riservate”.
Nel contesto italiano, risulta che, tra coloro che ritengono accettabile l’utilizzo dei social media per uso personale durante il lavoro, il 25% appartiene alla generazione Y, il 20% alla generazione X e il 17% ai Baby Boomer.
In particolare, quasi un quarto (24%) considera questi strumenti validi per condividere opinioni lavorative con amici e colleghi. Nella fattispecie, la regione italiana più incline a questo approccio è la Sicilia (34%), mentre secondo il 67% dei residenti del Lazio non è corretto scambiare opinioni relative a questioni lavorative attraverso i social media.
Solo al 6% dei dipendenti è stato esplicitamente richiesto di non utilizzare i social media sul luogo di lavoro: la regione in cui questa richiesta ha avuto maggiore incidenza è la Liguria, col 9% di risposte affermative.
Un dato interessante che emerge dalla survey riguarda la possibilità dei potenziali datori di lavoro di visionare le pagine del candidato sui social network prima di decidere sull’assunzione: è lecito? La risposta è negativa per il 55% degli intervistati italiani e, specificamente, la regione in cui il diniego è più marcato è la Puglia (64%), seguita da Campania (61%) e Calabria (59%).
Inoltre, si conferma la tendenza a scegliere il canale dei social network per la ricerca di un nuovo posto di lavoro, come attestato dal 23% degli intervistati, che predilige questo mezzo rispetto ai metodi tradizionali come giornali, siti online ed agenzie di reclutamento.
“Per molti lavoratori, poter accedere ai social media in ufficio è diventato quasi un diritto. Infatti, sono ormai considerati strumenti fondamentali per la comunicazione e utili per la carriera e per la ricerca di opportunità professionali”, commenta Giorgetti. “Siamo di fronte a posizioni contrastanti tra chi è
favorevole e chi, invece, rileva le insidie che la contaminazione tra vita personale e professionale potrebbe generare” e continua: “Proprio a fronte dell’importanza che stanno assumendo i social network nella ricerca di nuove opportunità lavorative, in Kelly Services abbiamo aggiornato il nostro modo di fare recruitment, utilizzando molto i social media come strumenti della nostra strategia globale. L’utilizzo dei social network, infatti, ci permette sia di fare brand awareness nei confronti dei candidati passivi (ovvero quelli che non stanno cercando attivamente un nuovo lavoro), sia di raggiungere più agevolmente i candidati attivi. Ovviamente, per una società come la nostra, consentire ai dipendenti l’accesso ai social media (in particolare, a quelli business oriented, come LinkedIn) è fondamentale, per entrare direttamente in contatto con candidati interessanti e “spendibili”. Anche Facebook e Twitter, però, hanno un peso sempre maggiore nella nostra strategia complessiva, perché ci permettono di ampliare la “cassa di risonanza” delle opportunità di carriera che offriamo e, al tempo stesso, d’individuare candidati idonei, in particolare – ma non solo- per profili più tecnici, in aree quali IT, Marketing o Digital a tutto tondo”.