La crisi economica fa accrescere il peso dei fondi sovrani nei mercati globali, risorse economiche che rappresentano ormai il 6% del Pil in tutto il pianeta, il doppio rispetto a quanto rilevato nel 2007. Questo quanto affermato dalla Consob nella relazione incentrata sui “Fondi sovrani e la regolazione degli investimenti nei settori strategici”, che tuttavia mette anche in evidenza come da questo incremento potrebbero derivare pericoli per gli Stati, qualora sotto le strategie di investimento si celino finalità strategiche e politiche.
L’indagine Consob rivela, inoltre, come i principali fondi sovrani abbiano sede in Asia e in Medio Oriente, che insieme detengono il 60% del totale, e come si siano sviluppati diventando uno dei “principali investitori istituzionali sul mercato dei capitali mondiale. A fine 2011 gestivano assets per circa 4.600 miliardi di dollari Usa, pari a circa il 6% del Pil mondiale“.
Per quanto riguarda l’Italia, le stime Consob riferiscono che un terzo delle aziende quotate è partecipato da fondi sovrani (si parla del 36%), un valore che tuttavia cresce anche negli altri Stati europei, con il 25% del Regno Unito e del 17% e 19% rispettivamente in Germania e Francia. Nel rapporto si legge infatti che: “Dette partecipazioni raggiungono, nelle borse dei 4 principali Paesi europei citati, una soglia tra il 2% e il 3% della capitalizzazione della Borsa. Tali dati devono peraltro essere letti come stime al ribasso, in quanto dal monitoraggio effettuato con riferimento ai 64 fondi sovrani esistenti, emerge che soltanto 11 forniscono pubblicamente (in tutto o in parte) i dati di dettaglio sulle partecipazioni detenute in società quotate“.
Circa il 55% delle risorse gestite dai fondi sovrani, inoltre, deriva dalla vendita del petrolio sui mercati internazionali, ma a preoccupare la Consob è la constatazione che, dal 2005 a oggi, si è verificata una crescita esponenziale degli investimenti azionari con il conseguente tentativo di avanzare nella scalata di alcune delle più grandi società europee e statunitensi – prevalentemente con investimenti nelle risorse naturali, nelle industrie collegate e nei servizi finanziari -, avvenimento che ha portato all’inevitabile potenziamento delle regole difensive dei settori strategici in numerosi paesi europei.