Gian Mario Rossignolo, il presidente della Casa automobilistica De Tomaso, è stato arrestato per truffa aggravata ai danni dello Stato. Gli arresti domiciliari sono così il frutto di un’inchiesta sulla illecita percezione – da parte della società – di finanziamenti pubblici per 7,5 milioni di euro, per corsi di formazione che non sarebbero mai stati avviati.
Stando alle dichiarazioni formulate dalla Guarda di Finanza, Rossignolo, 82 anni e incensurato, sarebbe stato arrestato ieri mattina nella sua villa situata nell’Alessandrino. Il manager sconterà comunque la pena agli arresti domiciliari. Il giudice per le indagini preliminari che ha firmato l’ordinanza di custodia ha infatti ritenuto che vi sarebbe il rischio di reiterazione del reato e di possibile inquinamento probatorio. Per lo stesso motivo – ma con diversa sorte (il carcere) – sono stati arrestati anche Claudio De Grate, 57 anni di Livorno , socio della De Tomaso, e Christian Limonta, 33 anni di Bergamo, mediatore finanziario.
Contemporaneamente, il tribunale di Torino ha dichiarato il fallimento la società, nominando un curatore fallimentare: un “dettaglio” che potrebbe nuocere ulteriormente alla posizione di De Tomaso, visto e considerato che il giudice potrebbe valutare l’esistenza di possibili ipotesi di bancarotta. Anche il tribunale di Livorno, nelle scorse settimane, aveva dichiarato il fallimento della società.
Al centro dell’inchiesta, ricordiamo, l’accertamento del presunto utilizzo di indebiti fondi pubblici da parte della De Tomaso. Fondi ricevuti dalla Regione Piemonte e dall’Unione Europea al fine di organizzare dei corsi di formazione (mai realizzati) e ottenuti grazie a una fideiussione milionaria rivelatasi falsa. I soldi sarebbero quindi terminati direttamente nelle tasche dei vertici societari.
Il fallimento della società rappresenta il naufragio dell’iniziativa di Gian Mario Rossignolo, ex dirigente della Fiat, che nel 2009 si era lanciato nel business della De Tomaso al fine di rinvigorirne il successo con investimenti importanti. Dopo 3 anni di progetti e presentazioni, collimati con il proclama della Deauville (prototipo mostrato al Salone di Ginevra), l’impresa si è conclusa con un nulla di fatto. Particolarmente deluse le parti sindacali, che avevano sperato, con tali impieghi, di migliorare la sorte di 1.200 dipendenti, lasciati senza alcuna garanzia per il posto di lavoro.