Attualmente la Libia possiede una quota di partecipazione di UniCredit, compresa fra il 4 e il 5%, ma Tripoli desidera che tale parte porti a qualcosa di più e nello specifico vuole che un membro libico entri a far parte del consiglio di amministrazione della banca italiana.
È quanto ha dichiarato il vicegovernatore della Libyan central bank, Ali Mohammed Salem, durante un’intervista a Il Sole 24 Ore: “Vendere ora? Sarebbe folle. Perderemmo più di un miliardo di euro. E comunque la partecipazione libica in UniCredit non è in discussione. È un investimento a lungo termine. Siamo convinti che saremo ripagati con una crescita”.
UniCredit resterà dunque per la Nuova Libia un investimento strategico, cosa fondamentale in un periodo in cui questo paese sta tentando di rimettersi in piedi dopo un periodo di grandi incertezze: l’economia sta ripartendo a distanza di 9 mesi dalla morte di Muammar Gheddafi, e dunque le autorità locali stanno iniziando a valutare le migliori strategie da adottare nei confronti delle partecipazioni all’estero.
UniCredit fa parte di queste e il fatto che la banca italiana desideri avere un membro libico nel nuovo board di amministrazione potrebbe rivelarsi una mossa fondamentale: fino al 2010 i libici erano i primi azionisti di UniCredit (4,98% di quota di partecipazione, che unita a quella del fondo dovrano (Lia) giungeva a circa il 7,6%), ma successivamentr la quota è scesa sotto il 5% lo scorso gennaio e poi al 4,3% da marzo. Ha spiegato Salem che «Non abbiamo aderito pienamente all’aumento di capitale perché eravamo appena usciti dalla guerra. L’economia era distrutta, avevamo altre priorità. Lo scenario è cambiato. Possiamo valutare investimenti all’estero».
Il vice governatore della banca centrale libica è poi sceso nel dettaglio della possibile poltrona in UniCredit spiegando che: «Stiamo cercando di rendere UniCredit un investimento di riferimento all’estero e continueremo a farlo. Sia se entreremo nel board sia se ne resteremo fuori. Non siamo rammaricati. Ma un libico nel board rappresenterebbe un vantaggio sia per la Libia che per l’Italia. Ci permetterebbe di conoscere a fondo la struttura dell’economia, i criteri di investimento, il mercato; potrebbe valutare ulteriori investimenti, sia da parte della Banca centrale sia da parte del Lia. Mettiamola così: se sono lontano dalla cabina di comando non sono a conoscenza, quindi non sono interessato. E se non si è nella condizione di conoscere bene le decisioni e le dinamiche interne si finisce per considerare il risk management molto alto e quindi per tenersi lontani».
Infine si è soffermato sul difficile momento economico che sta vivendo anche questo territorio: «Non guardiamo ai dividendi ma alla crescita. Crediamo che l’Europa uscirà dalla crisi nel 2016. È improbabile che il valore delle azioni torni a quanto le abbiamo acquistate, ma penso che possano salire a 8».