L’Associazione Bancaria Italiana traccia un quadro preoccupante in merito alla crescita del paese: nel 2012 il Pil scenderà del 2%, e per vedere un incremento si dovrà attendere fino al 2014, quando si assisterà a un lieve progresso pari allo 0,6%.
Questo quanto annunciato dall’Abi nel suo rapporto Afo-Finalcial Outlook, nel quale si leggono le possibili motivazioni che si celano dietro queste previsioni del tutto pessimiste sul prodotto interno lordo dell’Italia: “Il quadro internazionale in deterioramento contribuisce ad appesantire l’andamento dell’economia italiana, mentre i nodi trascurati dell’economia mondiale stanno venendo al pettine, la debole governance europea, con segnali contrastanti, scelte rinviate e decisioni non prontamente implementate, sta ponendo in seria discussione il futuro dell’euro. Per l’Italia il risultato prevedibile è un -2% nel 2012, ancora in riduzione, anche se marginalmente, nel 2013, risalendo di soli pochi decimi sopra lo zero nel 2014“.
Non solo sono le tensioni in ambito europeo a impedire la crescita e lo sviluppo, ma a bloccare la produttività è soprattutto lo stato del debito pubblico: “Gli sforzi compiuti dal governo non sono sufficienti a migliorare la percezione dei mercati finanziari sulla sostenibilità del debito pubblico italiano e attivare un circolo virtuoso che porti alla riduzione dei tassi sul debito sovrano“.
Come conseguenza del calo del Pil, la nazione raggiungerà il pareggio di bilancio solo nel 2013 e solo in merito al saldo strutturale, mentre si ipotizza un indebitamento netto che passerà dal -2,2% al -0,2% del Pil, sebbene per ridurre il deficit del paese saranno decisivi i risultati delle manovre previste dalla spending review.
Meno consumi, meno reddito spendibile e, di conseguenza, meno investimenti, tanto che le banche continueranno a lamentare conti economici in crisi e avranno difficoltà nel colmare le perdite subite finora. Secondo l’Abi, infatti, i consumi delle famiglie italiane subiranno un ulteriore calo, mentre a pesare sui redditi degli italiani saranno le retribuzioni ancora in stallo e la pressione fiscale ai massimi.