L’inchiesta a carico dell’acciaieria Ilva di Taranto, accusata di disastro ambientale, ha portato al provvedimento di sequestro dello stabilimento produttivo e altre misure cautelari per 8 manager dell’impianto pugliese, per i quali sono stati disposti gli arresti domiciliari in attesa degli sviluppi delle indagini.
La misura firmata dal gip Patrizia Todisco comprende anche il divieto di utilizzare tutta l’area a caldo dello stabilimento che, pertanto, dovrà rimanere fermo. Contemporaneamente, il giudice ha anche individuato 2 funzionari dell’Arpa Puglia e uno dell’Asl di Bari che saranno incaricati di controllare il rispetto del provvedimento e, allo stesso tempo, garantire il rispetto delle norme di sicurezza. Secondo i magistrati, le emissioni dell’impianto hanno messo a rischio la salute di migliaia di lavoratori assunti in azienda oltre a quella di numerosi abitanti delle zone circostanti.
Al ministero dell’Ambiente, intanto, si è svolta una riunione sul risanamento dell’area occupata dall’acciaieria: è stato raggiunto un accordo tra governo, enti locali e gruppo Riva che prevede investimenti per 330 milioni di euro per la bonifica ambientale, di cui 7,5 arrivano dalle casse della società. Il ministro Clini ha intanto chiesto che il provvedimento di riesame avvenga “con la massima urgenza”.
Parallelamente, sarà istituita una sorta di cabina di regia guidata dal governatore Niki Vendola che avrà il compito di far ripartire l’attività produttiva e portuale nel porto di taranto. Il capo del dicastero dell’Ambiente ha tenuto a precisare che “quanto deciso non è una risposta alla decisione della magistratura, ma un tentativo di far rimanere in città la Ilva e al tempo stesso di iniziare rapidamente un intervento di bonifica ambientale”.
Nel frattempo circa 5mila dipendenti Ilva, appena usciti dall’impianto hanno formato un corteo spontaneo con lo scopo di raggiungere la prefettura per incontrare il prefetto, Claudio Sammartino.
Il provvedimento odierno è la conseguenza di un’inchiesta iniziata 4 anni fa e che ha visto la procura di Taranto sensibilizzare le autorità sul pericolo ambientale derivante dall’acciaieria. I reati contesti oggi sono quelli di avvelenamento di sostanze destinate all’alimentazione, di violazione delle norme a tutela dei lavoratori, di inquinamento atmosferico e ambientale e di danneggiamento aggravato di beni pubblici.
In questi anni, lo stabilimento ha comunque continuato a funzionare.