Meno consumi da parte delle famiglie e revisione al ribasso del prodotto interno lordo (PIL) destinato a diminuire del 2,2% nel 2012 e dello 0,3% nel 2013. E’ il bollettino della crisi così come raffigurato dai dati del Rapporto di Confcommercio sulle “EconomieTerritoriali e il Terziario di Mercato”, presentato a Roma il 2 agosto presso la sede nazionale dell’associazione.
Le previsioni dell’Ufficio Studi dell’organizzazione presieduta da Carlo Sangalli parlano di consumi reali pro-capite che subiranno, nel 2012,un “calo di una profondità mai prima registrata nella storia economica repubblicana”, di investimenti in caduta libera (-6,5%) e di importazioni in forte contrazione, -3%.
Per vedere i primi segni di ripresa bisognerà aspettare il primo trimestre del 2013 sempre che la situazione economica non peggiori ulteriormente. “Complessivamente- si legge nel documento – la caduta biennale dell’economia italiana è ancora lontana dalla dimensione del cedimento del biennio 2008-2009 (-1,2 e -5,5%) ma non può essere considerato un semplice episodio fisiologico del ciclo economico. Si tratta di una vera e propria recessione. Dalla quale sarà difficile uscire e della quale è difficile anche prevedere la reale intensità e l’estensione temporale. Il tessuto produttivo ne risentirà profondamente. L’assorbimento della disoccupazione che essa sta generando richiederà tempi lunghi”.
“Stiamo toccando – aggiunge Mariano Bella, direttore del Centro Studi di Confcommercio – nuovi minimi assoluti di prodotto lordo da quando è cominciata la grande recessione cioè dalla fine del 2007, solo che la popolazione residente nel frattempo è cresciuta di circa 900.000 unità”.
Secondo Concommercio per uscire dal tunnel sarebbe necessario abbassare la pressione fiscale, giunta ai limiti di guardia, contemporaneamente avanzando nell’azione di recupero di evasione ed elusione, e accelerando le dismissioni di patrimonio pubblico per abbattere lo stock del debito. Altrettanto importante è portare avanti una politica di investimenti mirati anche per sostenere il settore dei servizi di mercato (commercio ed il turismo, i trasporti e la logistica, i servizi alle persone ed alle imprese), asset fondamentale per l’economia italiana che fornisce un contributo decisivo alla formazione del valore aggiunto (40%) e dell’occupazione (43%).