“Si muore di fisco“. L’Sos è stato inviato dal presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi in una serata di fine settembre a Torino durante gli Stati Generali del Nord. Il numero uno di viale dell’Astronomia ha sottolineato come il livello di pressione fiscale stia ormai mettendo a durissima prova le imprese italiane a un livello talmente insostnibile da averlo spinto ad annunciare che l’associazione da lui presieduta sarebbe disposta a mettere sul piatto il monte incentivi se dal Governo arrivasse una decisione di una riduzione della pressione fiscale.
L’allarme di Squinzi ha destato sorpresa tra gli osservatori che, forse, hanno dimenticato che durante un’assise confindustriale dello scorso maggio lo stesso Squinzi sottolineò la necessita di dare una “concreta prospettiva di riduzione della pressione fiscale sulle imprese e sul lavoro.
“Nel 2011 il total tax rate, inclusivo di tutte le tasse e i prelievi, compresi gli oneri sociali – spiegava Squinzi- gravanti su una piccola impresa tipo, era pari, in Italia, al 68,5%, contro il 52,8% in Svezia, il 46,7% in Germania, il 37,3% nel Regno Unito. Una zavorra intollerabile che si aggiunge ad altre zavorre che penalizzano le imprese italiane: una burocrazia che per i soli adempimenti ci costa 45 miliardi in più rispetto ai migliori esempi nel resto d’Europa; un’energia elettrica che ci costa, in media, il 30% in più che negli altri paesi europei”.
In quella occasione, infine, Squinzi declinò anche un’altra proposta di Confindustria: “Per questo diciamo che i proventi della lotta all’evasione, che è sacrosanta, devono essere utilizzati per ridurre la pressione fiscale su chi produce ricchezza, ossia sul lavoro e sull’impresa. Per questo – puntualizzava il presidente di Confindustria – diciamo no a nuovi balzelli o a tasse fantasiose che creerebbero solo incertezza e sfiducia”.