Quando un’azienda fallisce si punta immediatamente il dito contro la stretta creditizia, ma l’indagine condotta da Experian va oltre le considerazioni generali scoprendo che un peso maggiore, invece, lo riveste la rigidità dell’azienda stessa.
“La nostra analisi richiama una verità ineludibile. E cioè che soprattutto nelle fasi di recessione, le imprese in gravi difficoltà non escono dal sentiero del fallimento se non cambiano rapidamente passo. – ha commentato Giglio del Borgo, Country Manager di Experian in Italia – Riorganizzare, tagliare i costi e innovare sono le sole scelte per risalire la china e avere anche l’appoggio del sistema creditizio”.
L’indagine mette in evidenza come le aziende fallite avessero un calo di attività nei tre anni precedenti il fallimento stesso, anni in cui si sarebbe potuto fare qualcosa. Le imprese continuano a guardare con preoccupazione alla difficoltà di accedere al credito, ma quest’indagine mostra le loro responsabilità, indicando come fattori importanti della crisi l’elevata incidenza dei costi fissi e la capitalizzazione limitata.
Inoltre, come si legge nel documento: “le aziende poi fallite hanno continuato nei limiti del possibile a far ricorso al credito bancario, senza però trarne beneficio. L’incremento del credito bancario sul capitale (+ 37,2% nel 2009 per le fallite 2010; +15 nel 2009 e +30% nel 2010 per le fallite 2011) non vuol dire che le aziende in sofferenza abbiano avuto più credito, anzi, ma mostra comunque che le banche non hanno chiuso tutte le porte alle aziende in difficoltà”.