Un’economia che vale 170 miliardi di euro annui. Peccato che sia quella criminale e che questo elevato ammontare, oltre ad essere creato attraverso la concretizzazione di attività illegali, spesso viene anche riversato sul mercato così da inquinarlo. La denuncia arriva dalla Cgia di Mestre che ha definito questo valore economico partendo dal documento presentato lo scorso giugno dall’allora vice direttore generale della Banca d’Italia, Anna Maria Tarantola, alla commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali.
In questo documento, che non prendeva in considerazione i reati come furti, estorsioni, rapine ed usura, si affermava che il valore medio del sommerso criminale é stato del 10,9% del Pil nel periodo 2005-2008. La Cgia, ipotizzando che questa incidenza sia ancora tale attualmente, ha stimato per il 2012 un valore economico dell’economia criminale pari a circa 170 miliardi di euro.
La Cgia mette in evidenza anche un altro dato: tra il 2007 ed il 2011 le segnalazioni all’Unità di Informazione Finanziaria della Banca d’Italia di operazioni di riciclaggio sospette eseguite da intermediari finanziari sono aumentate del 303% e nel 2011 hanno raggiunto la quota di 48.344. Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia, spiega che “questi 170 miliardi di fatturato prodotti dalle mafie corrispondono al Pil annuo di una regione come il Lazio. Oltre alle distorsioni del mercato, agli effetti sociali devastanti e allo svantaggio competitivo che un’area interessata dalla presenza delle organizzazioni criminali è costretta a subire, stimiamo in maniera molto approssimativa che il danno erariale prodotto dall’economia criminale si aggira attorno ai 75 miliardi di euro all’anno“.