Le aziende e le famiglie italiane pagano la bolletta energetica più cara d’Europa. Se per i privati questo si traduce in un minor potere d’acquisto, per le imprese significa minor competitività sui mercati esteri, visto che per produrre lo stesso quantitativo di merce, si spende di più per poi essere costretti ad aumentare i prezzi – o a tagliare altri costi – per rimanere “in gioco”.
E così, aziende piccole, medie e grandi sono costrette a pagare un conto dell’elettricità che è il 36,4% più elevato della media del continente. Più limitato lo “spread” relativo al gas, visto che a fine mese la bolletta media italiana è – a parità di consumi – più cara del 5,8% rispetto agli altri Paesi.
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I dati sono stati resi noti da Confartigianato, dove è emerso anche che il gap con il resto del continente deriva soprattutto dai rialzi avvenuti negli ultimi 12 mesi a causa più che altro di un inasprimento fiscale che non ha eguali. Nel periodo compreso tra il 2011 e il 2012, infatti, il prezzo finale dell’energia elettrica per uso industriale è salito del 12,7% contro una media europea di +5,2%. Peggio ancora va per il gas, dove le tariffe sono salite del 30,4% contro una media continentale del 12,9%.
Male anche i prezzi dei carburanti per autotrasporto, che in questo arco di tempo sono aumentati del 16,1% (contro un +8,7% nell’Eurozona). A tal proposito, Confartigianato punta il dito contro le tasse, che tra Iva e accise in un anno sono salite del 18,9%. I rimedi? Secondo il presidente Guerrini occorre “una riforma complessiva all’insegna dell’equità per ridurre e riequilibrare la tassazione sul prezzo dell’energia che grava sulle imprese“.
Intanto, uno studio effettuato da Lmm ed Enea, ed elaborato dall’Università di Bologna, ha mostrato che in Italia il 3% del consumo di energia è imputabile agli sprechi alimentari. Questa percentuale equivale ai consumi energetici annuali di oltre 1,6 milioni di italiani. Questo avviene mentre 150 milioni di europei faticano a pagare i costi relativi a riscaldamento, energia elettrica e gas.