La crisi economica non risparmia i manager italiani, sempre più spesso costretti a fuggire all’estero per trovare prospettive di carriera migliori. Negli ultimi tre anni i dirigenti che hanno preferito andare via dalla patria sono aumentati del 40%, e ammonta a oltre 5mila il numero dei businessman attivi oltreconfine, specialmente nell’Europa Occidentale.
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A rivelare questi dati è un’indagine condotta dal Gruppo Amrop, dalla quale si evince come i manager nostrani siano attivi all’estero soprattutto nel settore dell’industria, della finanza e dei servizi: “L’esportazione dei dirigenti ha registrato un boom con una impennata del 40% delle posizioni ricoperte dai “capitani” tricolore in aziende oltreconfine. I manager italiani impegnati all’estero sono circa 5mila, di cui circa il 75% nell’Europa Occidentale. I principali settori sono industria, finanza e servizi.”
Alla ricerca si aggiungono anche le cifre drammatiche che arrivano dall’Osservatorio Cig-Occupazione della Cisl, sulla base di dati Istat. Se alla fine del 2008 il tasso di occupazione nel belpaese era pari al 59%, nel 2012 la percentuale è scesa fino al 56.9%, che tradotto in altre cifre significa 22.951.000 di occupati.
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567mila lavoratori in meno in quattro anni, e un cospicuo aumento degli occupati appartenenti alla fascia di età over 50 a causa delle riforme pensionistiche. Secondo la Cils, inoltre, la crisi si ripercuote anche sugli stessi contratti: “Gli effetti della crisi si mostrano anche nella riduzione del lavoro a tempo indeterminato, mentre crescono i dipendenti a termine ed i collaboratori, e nella riduzione del tempo pieno con contestuale aumento del tempo parziale involontario. In qualche modo lavoro flessibile e part-time evitano un calo ancora maggiore dell’occupazione è ancora il settore industriale a mostrare chiari segnali di sofferenza“.