Una nuova ricerca Eurispes fotografa il panorama della classe dirigente italiana e di certo non ne emerge un quadro positivo, anzi. Ci sarebbero sempre meno giovani e donne nelle posizioni aziendali di maggiore responsabilità, e gran parte di chi sta ai vertici sarebbe orientato all’auto-preservazione, dunque chiuso all’innovazione.
=> LEGGI il manifesto delle giovani classi dirigenti
La situazione dirigenziale italiana sarebbe dunque desolante e testimonia una chiusura e un’immobilità che dura da due decenni circa.
Spiega il presidente dell’Eurispes, Gian Maria Fara, che “La quasi totale estromissione dei giovani dalle posizioni di maggiore responsabilità, la presenza oltremodo esigua di donne tra coloro che più contano, una fuga dei cervelli all’estero sempre più consistente, nonché un generale invecchiamento, autorizzano a tracciare un ritratto piuttosto desolante della classe dirigente italiana che appare sempre più incentrata su se stessa, volta all’auto-preservazione, chiusa all’innovazione e quanto mai durevole nel tempo“.
“Molti di coloro che all’inizio degli anni Novanta assurgevano a ruoli di potere – prosegue Fara – si ritrovano, vent’anni dopo, ben radicati nella propria posizione, e molto poco disposti ad assecondare la spinta all’innovazione che un fisiologico ricambio generazionale dovrebbe invece assicurare“. In pratica, è venuto a mancare un processo fisiologico di ricambio generazionale e ciò rappresenta chiaramente un problema.
Sono più gli uomini che le donne a dirigere in Italia. Nello specifico, gli uomini rappresentano secondo Eurispes l’85% della classe dirigente, mentre le donne solo il 15%. Una percentuale, quest’ultima, raddoppiata negli ultimi 20 anni ma ancora troppo esigua. Infine, l’83% dei dirigenti italiani ha una laurea, mentre il 16,7% ha un diploma.
=> LEGGI chi sono i potenti italiani