Una recente sentenza della Corte di Cassazione mette nero su bianco la validità della tutela reale in caso di licenziamento ai danni di un pseudo-dirigente, vale a dire un dipendente al quale il datore di lavoro attribuisce mansioni dirigenziali non effettivamente svolte in azienda.
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La sentenza 20763 del 23 novembre 2012, infatti, sancisce l’illegittimità del licenziamento di un “dirigente per convenzione”, che proprio in virtù del suo ruolo ha il diritto di godere della medesima tutela dei lavoratori appartenenti alla categoria dei subordinati, privi pertanto di mansioni di comando.
La Suprema Corte ha in pratica accolto la richiesta di reintegro di un dipendente con un ruolo di pseudo-dirigente, licenziato per giustificato motivo oggettivo (in seguito alla fusione per incorporazione della società in un altro gruppo): non ricoprendo un ruolo dirigenziale, infatti, può essere applicata la disciplina limitativa del potere di licenziamento che, invece, non si applica ai dirigenti che espletano funzioni di comando.
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La stessa definizione di dirigente definita dal contratto collettivo nazionale relativo alle aziende industriali, infatti, afferma che:
«Sono dirigenti i prestatori di lavoro che ricoprono nell’azienda un ruolo caratterizzato da un elevato grado di professionalità, autonomia e potere decisionale ed esplicano le loro funzioni al fine di coordinare e gestire la realizzazione degli obiettivi dell’impresa.»
Con la sentenza della Cassazione, inoltre, è stato anche ordinato il risarcimento del danno pari alla somma delle retribuzioni globali dovute al dipendente licenziato, a partire dalla data del recesso fino all’effettiva reintegrazione.