Se l’azienda è in crisi è legittimo licenziare il dirigente anche in assenza di giustificato motivo oggettivo: è sufficiente, infatti, l’applicazione del principio di “giustificatezza”.
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Lo afferma la Corte di Cassazione, che con la Sentenza n. 3175 dell’11febbraio 2013 si è espressa in merito al licenziamento di un dirigente sostituito con un’altra figura manageriale chiamata per risollevare le sorti dell’azienda in crisi.
Questo motivo, seppure non può classificarsi tra i giustificati motivi oggettivi, è quindi valido per procedere con l’allontanamento del dirigente dal suo posto di lavoro, poiché data la situazione di crisi è possibile rifarsi al più generico criterio di “giustificatezza“.
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La Suprema Corte, inoltre, sancisce che se la motivazione del licenziamento è generica, come nel caso che ha dato origine alla sentenza, non sono previste indennità supplementari a favore del dirigente espulso dall’azienda.
Risale al 2002, invece, la Sentenza n. 4729 della Cassazione che stabilisce come il giustificato motivo non si applichi al licenziamento del dirigente, per il quale vale appunto il criterio più generico della “giustificatezza contrattuale”.
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«Ai fini della giustificatezza del licenziamento può rilevare qualsiasi motivo, purché giustificato, ossia alla base di una decisione coerente e sorretta da motivi apprezzabili sul piano del diritto, i quali non richiedono l’analitica verifica di specifiche condizioni, ma una globale valutazione che escluda l’arbitrarietà del licenziamento. Tuttavia, non è possibile ritenere sufficiente qualsiasi motivazione apparentemente non pretestuosa, poiché un criterio così stretto finirebbe, in pratica, per legittimare la piena libertà di recesso del datore di lavoro.»