Il Tribunale di Napoli, con la sentenza n.250/2013 emessa il 21 febbraio scorso, dichiara il redditometro incostituzionale e lesivo della privacy dei contribuenti. Un’ordinanza che fa luce su numerosi aspetti di questo nuovo strumento fiscale spesso contestati dai cittadini, soprattutto in materia di ingerenza nella sfera privata.
=> Leggi come funziona il redditometro
La sentenza è stata emessa a favore di un pensionato campano che si è rivolto al Tribunale per lamentarsi dell’eccessiva “invasività” del redditometro, il cui debutto è previsto per marzo, in merito soprattutto alle spese mediche. Secondo il collegio giudicante si tratta di un sistema di controllo fiscale che viola la privacy dei cittadini e il diritto di difesa garantito dalla Costituzione, impedendo che il cittadino eserciti il diritto di collaborare con la Pubblica Amministrazione.
=> Leggi come agirà il redditometro sugli investimenti
«Il decreto ministeriale è non solo illegittimo, ma radicalmente nullo ai sensi dell’art.21 septies legge n.241/1990, perché conferisce all’Agenzia governativa un potere che va, quindi, manifestamente oltre quello della ispezione fiscale consentito astrattamente dall’art. 14, 3º comma Cost. Inoltre viola i principi di eguaglianza, ragionevolezza e proporzionalità in quanto, a ben vedere, non è strumento idoneo a raggiungere in modo adeguato i prefissi obbiettivi di repressione fiscale.»
Sono molteplici, inoltre, gli aspetti del redditometro contestati nella sentenza: in primis, viene sottolineato come la differenziazione di tipologie familiari secondo cinque aree geografiche possa dare vita a conseguenze discriminatorie tra contribuenti.
=> Redditometro: scopri la franchigia sulle spese
Illegittima, inoltre, è anche l’inclusione dei dati relativi alle spese di tutti i componenti del nucleo familiare, compresi i minori, come anche la decisione di fare riferimento alle tabelle Istat, che potrebbero dare vita a generalizzazioni non corrispondenti con la realtà.